«Benvenuto Enea», recita il cartello con un fiocco azzurro appeso al portone del mio palazzo. Dopo anni in cui leggevo solo cartelli che annunciano la morte di qualche vicino di casa, finalmente l'annuncio della nascita di un bimbo. Evento raro in un caseggiato dove l'età media supera i sessant'anni, dove la persona più anziana ha varcato la soglia del secolo di vita e dove le badanti sono gli unici nuovi ingressi. Non è una rarità nella Milano che invecchia e in un'Italia che fa altrettanto, dove le nascite continuano a diminuire e i figli degli immigrati non bastano a fermare un inverno demografico foriero di guai in termini economici e sociali, ma che non sembra preoccupare abbastanza chi può e deve fare qualcosa. Nel computo demografico dell'Istat, Enea è solo uno dei pur preziosi neonati d'Italia, meno di quattrocentomila l'anno scorso, minimo storico. Qualcosa di irrilevante nelle considerazioni degli statistici, eppure quel fiocco azzurro mi appare come l'augurio di un nuovo inizio. Come il suo celebre omonimo che secoli fa, portando sulle spalle il padre Anchise e tenendo per mano il figlio Ascanio, aveva dato inizio a una civiltà destinata a segnare la storia. Non sarà questo il tuo destino, piccolo Enea di casa mia, ma il tuo arrivo è comunque colmo di speranza. Sei davvero il benvenuto.