«Fine del mondo» evitata. Forse...
Certo, a voler essere molto pessimisti si dovrebbe attendere che il giorno funesto trascorra anche sulle isole Kiribati, dove passa la linea del cambiamento di data: quando oggi ci sederemo a tavola anche i nostri conterranei della Micronesia avranno salutato definitivamente il 23 settembre e allora sì che potremo attendere, tutti insieme, la prossima Apocalisse annunciata.
Infatti, anche se per smentire la profezia di Meade – la quale, ovviamente, ha spopolato sul web – si è scomodata la Nasa, questo mondo sempre più connesso ha imparato a condividere rapidamente le proprie paure e, dai Maya a Nostradamus, passando per i testi sacri di tutte le religioni, non mancano gli indizi per congegnare il prossimo gran finale. Una simile brama di vuoto è sintomo di grande disperazione. Incapaci di salvare il pianeta dai nostri egoismi, ci rifugiamo nello storytelling della nostra morte. Rinunciamo alla scienza e alla fede per lavorare al più grande post della Storia, capace di mandare in tilt la rete, a furia di condivisioni e likes. Così facendo, però, non esorcizziamo la paura: ne diventiamo servi sciocchi. Meglio sarebbe studiare di più, inquinare di meno e, ogni tanto, pregare.