«Non sa più nulla, è alto sulle ali / il primo caduto bocconi sulla spiaggia normanna»: questi versi di Vittorio Sereni, compresi nel Diario d’Algeria, sono stati uno dei refrain lirici della mia vita e ogni sei giugno torno a sentirli dentro di me, come un fantasmatico rintocco grazie al quale comprendo le ragioni che dovrebbero tenere unita l’Europa. A Caen, in particolare, fra le sue splendide cattedrali di marmo chiaro e scuro, fragili come sagome di stoppa e forti al pari di liane di pietra, ebbi l’impressione che quella celebre poesia assumesse la forma di una preghiera. Soprattutto quando camminai da solo per lunghe ore sulla distesa di Omaha Beach, fra i resti dei bunker e le nuove villette, i tempi lontani dello sbarco mi parvero tornare ad essere presenti. «Era stato un attacco frontale in pieno giorno contro una spiaggia minata difesa da tutti gli ostacoli che l’ingegnosità militare poteva escogitare»: così scrisse Ernest Hemingway per il “Collier’s” in uno straordinario pezzo intitolato Viaggio verso la vittoria, a cui partecipò da reporter egli stesso. Proseguii verso Cherbourg mettendomi a sedere su una panchina nel molo di Port Chantereyne. Mentre decine di bastimenti passavano davanti ai miei occhi pensai con sgomento al costo sanguinoso della democrazia.
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