Famiglie di titoli sulla crisi tra «ma», metafore e attese
Fin qui potrebbe anche sembrar vero: titoli molto simili che assieme alla notizia ne racchiudono la chiave di lettura. Ma allargando il gioco sulle ali, bum! “Libero” ha una prima in tre atti da citare per intero. Il titolo crea un'immagine che strappa ghigni e applausi ai tifosi: «Una crisi del cavolo», e che siano cavoli nostri, e amari, pazienza. Occhiello con metafora ippica: «Conte perde una staffa ma resta in sella». Catenaccio apocalittico: «Per il governo è l'inizio della fine». Ma quale inizio? Per il “Giornale” siamo ben oltre: «Caporetto Conte». Una disfatta, una rotta. Eppure c'è chi guarda ancora oltre, fino alla linea del Piave. “Fatto quotidiano”: «Più lo butti giù e più si tira su».
Allora, sono tutti uguali? Non solo sono diversi, ma abbondano di raffinati rimandi letterari. «Io sono vivo e voi siete morti» è la frase più famosa dell'alluvionale Philiph K. Dick, tratta dall'iconico “Ubik” (1968). Ieri sul “Corriere” gli faceva eco l'intervista di Giuseppe Alberto Falci al senatore Andrea Causin, di Scelta civica, che ha votato la fiducia al governo: «Per fortuna – sentenzia il dickiano Causin – i partiti sono morti e io sono vivo». Incalza Falci, che non deve aver capito di essere dentro un incubo al cubo stile “Ubik”: «E ora farà il tifo per il partito di Conte?». Forse farà il tifo per chi si dimostrerà vivo: persone e partiti. E non solo lui.