Col terrificante titolo Peisithanatos, interpretato come "Persuadimorte", Marco Lanterna ha pubblicato un libro che il sottotitolo Trattato della buona estinzione non rasserena (Liberilibri, pp. 168, euro 14). È una raccolta di pensieri, come di aforismi ingranditi, separati da un semplice stacco, senza divisione in capitoli. Ed è lettura gradevole per quanto è ben scritto. È una rassegna di "filosofia pessimistica", basata sull'assunto che «L'orrore del Cosmo per la vita è fin superiore a quello che esso nutre per il vuoto»; «Non tutto nel Cosmo [altrove chiamato anche "Natura"] è male, solo noi; non tutto nel Cosmo muore, solo noi». Da qui l'auspicio della «buona estinzione». Sergio Solmi, in una fulgida poesia del 1952, di fronte «al rigore architettonico come di tela neoclassica» del paesaggio urbano (milanese), scriveva: «Invece / cancellarmi vorrei, tanto mi sento / un estraneo accidente in queste splendide / tue geometrie, non più che una confusa / pena, una macchia, un vagabondo errore». Ma Solmi era un poeta che incolpava sé stesso, non l'architettura, e i poeti ne sanno più dei filosofi. Lanterna, che si dice allievo di Anacleto Verrecchia e di Sossio Giametta, gareggia in pessimismo con Guicciardini e Leopardi, e cita l'abate Galiani, Francesco Algarotti, Daniello Bartoli, Saverio Bettinelli; dei greci preferisce Biante di Priene e altri frammentisti, ma ogni tanto (inevitabilmente) gli sfuggono espressioni della metafisica classica, come «verità», e perfino «il fondo ontologico di tutta la realtà». Viktor E. Frankl, l'inventore della logoterapia, spiazzava i pazienti che gli esprimevano i pur fondati motivi del loro pessimismo, con questa domanda: «Perché non si suicida?». L'interpellato gli esprimeva motivi come le proprie responsabilità familiari e professionali, magari addirittura il pensiero di non abbandonare il cagnolino che gli teneva compagnia. Non era istigazione al suicidio: da quei motivi Frankl partiva per ricostruire con il paziente il senso della vita. A pagina 117, Lanterna confessa di «aver spesso immaginato di comporre un libro di correzioni agli ultrapessimisti, dove cioè questi appaiono troppo ridenti o badiali… eccolo qua». Ecco un appiglio che Frankl avrebbe saputo sviluppare: l'urgenza di scrivere il libro. Che il Persuadimorte sia un libro antifrastico, cioè che dica una cosa per affermare il contrario? Non proprio, perché a Lanterna manca l'ironia indispensabile all'antifrasi come quando si dice «Bella giornata, oggi», mentre piove a dirotto e si era programmata una gita. Si può dare, però, del Peisithanatos una lettura antifrastica, cioè utile a comprendere il pessimismo per allontanarlo. Magari cominciando a ragionare anche sul significato della libertà che Lanterna non considera affatto. C'è un'esplicita citazione evangelica: «È vero coll'Evangelo che malgré tout dobbiamo amare il prossimo nostro, ma occorre sempre distinguere tra il prossimo prossimo - i simili - e il prossimo remoto - gl'imbecilli». Veramente il Vangelo dice di amare perfino i nemici, peraltro più facili da amare che non gli imbecilli.