In linea con le competenze delle Regioni in materia sanitaria, si intensificano gli accordi con le Conferenze episcopali regionali per garantire l'assistenza religiosa nelle strutture ospedaliere. Dopo il Piemonte, la Sardegna ed il Lazio, in ordine di tempo, anche la Lombardia e la Toscana hanno di recente provveduto a disciplinare il servizio di assistenza religiosa ospedaliera nel rispettivo ambito regionale. Si nota, in particolare, come gli accordi via via stipulati attuano un progressivo perfezionamento delle garanzie dovute sia agli infermi destinatari sia agli assistenti religiosi, ponendosi da battistrada per le Regioni ancora non regolamentate.
L'accordo stipulato con la Regione Lombardia (Intesa del 21 marzo 2005 tra il cardinale Tettamanzi ed il presidente Formigoni) coinvolge anche le strutture private accreditate, affrontando in forma sistematica il trattamento giuridico ed economico dei cappellani e dei collaboratori (diaconi, religiosi, laici). Riguardo alla previdenza, si fa riferimento alla vecchia legge di settore n. 761/1979.
In passato, non pochi cappellani hanno lamentato di aver ricevuto il benservito dall'ente ospedaliero, appena compiuti i 65 anni. Le aziende sanitarie applicano rigorosamente l'art. 53 della legge 761, senza riguardo per la durata del rapporto di servizio. L'articolo prevede per il personale sanitario e di assistenza religiosa il collocamento a riposo, obbligatorio e di ufficio, a 65 anni.
Tuttavia, i cappellani interessati possono disporre di altri più favorevoli canali di uscita. Sin dal 1992 (sentenza n. 90) la Corte Costituzionale
ha infatti corretto la norma indicata, disponendo che il personale che a 65 anni non ha ancora compiuto il minimo degli anni per la pensione (oggi 20 anni), può rimanere in servizio fino al conseguimento dell'anzianità minima e, comunque, non oltre il settantesimo anno di età.
Il secondo canale, previsto dal Dpr. 503/1992, art. 16, prevede che, indipendentemente dall'anzianità maturata per la pensione, tutti i pubblici dipendenti possono chiedere di rimanere in servizio fino a 67 anni, a scelta insindacabile dell'interessato. Appartenendo al settore pubblico, gli assistenti religiosi (cappellani ed altro personale di ruolo) possono pertanto usufruire di questa facoltà. Tuttavia la norma non si applica ai dipendenti degli enti sanitari ed assistenziali privati, anche se destinatari dell'Intesa regionale, perché in questi enti i rapporti di lavoro hanno natura privatistica.
A tutto questo va ora aggiunta la legge 186/2004 che consente ai pubblici dipendenti di prorogare il servizio fino a 70 anni, indipendentemente dai contributi posseduti, a patto di ottenere dall'ente di appartenenza (e con il consenso dell'ordinario diocesano) l'assenso al prolungamento.
Vale in ogni caso per tutti, indistintamente, l'obbligo di presentare prima del compimento dell'età, la richiesta di rimanere in servizio oltre i 65 anni.