L'Italia dell'olio di oliva continua a correre e vincere sui mercati internazionali. È una bella notizia che arriva dai dati più recenti messi a disposizione che indicano un ulteriore balzo in avanti delle vendite all'estero di olio di oliva italiano e, in particolare, di extravergine. Ma, al di là dei numeri, la storia dell'olio nostrano è utile per farci capire meglio ancora una volta cosa è possibile fare con un buon prodotto e una buona promozione.
Partiamo dai dati. Nei primi tre mesi del 2006, secondo quanto diffuso dall'Istat, l'export è aumentato, rispetto allo stesso periodo dello scorso anno di quasi il 30% giungendo a circa 250 milioni di euro. Il risultato è arrivato dopo il +17% registrato nel 2005 quando, a fine anno, il valore delle vendite all'estero aveva raggiunto la bella cifra di oltre 880 milioni di euro. Ottimi risultati, sembra siano stati conseguiti dagli oli extravergini Dop e Igp. Mentre, dal punto di vista regionale, a primeggiare sono stati il Lazio, che ha più che raddoppiato le proprie esportazioni, l'Emilia Romagna, il Molise e la Toscana. In cifre assolute, tuttavia, prima incontrastata rimane la Toscana, seguita dalla Lombardia (che però è semplicemente sede di riferimento di molte industrie olearie nazionali), seguono poi la Puglia e l'Umbria.
Ma cosa ci può dire tutto ciò? La prima considerazione generale che è possibile fare, è che l'Italia in questo modo corre verso la posizione di primo Paese al mondo in fatto di esportazione di olio di oliva. Un primato che - è stato fatto notare dalle organizzazioni agricole come la Cia - nasce prevalentemente dal lavoro compiuto da migliaia di piccoli e medi olivicoltori che hanno scelto di raccogliere la loro produzione.
Ma ci deve essere ovviamente dell'altro. Come, per esempio, una forte qualità di base del prodotto e, subito a fianco di questa, una efficace organizzazione promozionale prima e commerciale poi. Insomma, se l'olio di oliva italiano corre ormai da tempo all'estero, e spesso sui mercati più ricchi del pianeta, certamente prima hanno corso gli addetti alle promozioni e alle vendite compiendo un lavoro importante e nascosto. Un lavoro che continua, ovviamente, ancora oggi per contrastare almeno due forti nemici del successo nazionale: la concorrenza degli altri Paesi produttori (come la Spagna ma non solo) e quella, probabilmente più pericolosa ancora, degli imitatori e dei falsi. Tutto senza dimenticare gli episodi passati relativi alla ormai storica «guerra dell'olio», davvero combattuta dai produttori per difendere l'indicazione dell'origine del loro prodotto.
Se, infine, si può trarre una ulteriore indicazione generale dalla vicenda dell'olio di oliva, questa deve necessariamente partire dalla capacità di organizzazione dei produttori, che risulta essere una sorta di ulteriore valore aggiunto al prodotto stesso, alla quale si associa una specie di «solidarietà» commerciale e strategica. Proprio ciò che altri comparti dell'agroalimentare italiano stentano ancora ad avere.