Abdou, originario di Bouaké nella Costa d’Avorio, ha perso suo padre mentre era ancora studente delle medie. Con un fratello minore, quattro sorelle e la madre a carico, è partito per l’Algeria nel 2015. Arrivato a Tamanrasset si è saputo guadagnare quanto bastava per continuare il cammino fino a Adrar, a Oran e infine il Marocco attraversando la frontiera di Oujda. Ottenuto lo status di rifugiato nella capitale Rabat, è rimasto a lungo senza un lavoro stabile. Così ha deciso di sfidare la barriera metallica di Melilla, enclave spagnola, lunga 12 chilometri, dotata di videocamere di vigilanza e strumenti per la visione notturna. I cavi posti sul terreno connettono a una rete di sensori elettronici acustici e visivi. La barriera è alta sei metri e Abdou insieme con alcuni suoi compagni, il 10 marzo scorso, ha cercato inutilmente di avvicinarla. I militari marocchini, al servizio della Spagna, con bastoni e cani li hanno fermati prima di raggiungere quella frontiera, spinata, con l’Europa.
Abdou è stato arrestato e poi abbandonato al confine con l’Algeria e da qui, in seguito, preso e deportato a un’altra frontiera, quella con il Niger. Passate Assamaka, Arlit e Agadez, si è ritrovato a Niamey. Lo zainetto con l’unico vestito di ricambio e una borsa coi suoi documenti sono spariti dalla stazione del bus nella quale passa i suoi giorni nigerini. Gli rimangono ancora altre frontiere prima di tornare a casa, apparentemente, le mani vuote. Mani libere come quelle di Ibrahim, di mestiere tassista nella capitale della Guinea, Conakry che, ormai da anni, spinge i propri figli a cercare lontano quanto è stato loro rubato in patria. Ha abbandonato il suo Paese nel 2021, avventurandosi sino n Algeria, passando dal confinante Mali. La madre dei suoi due figli, Fatoumata, era dolorosamente d’accordo col suo rischioso viaggio perché il suo lavoro non gli permette più di sopravvivere con dignità. E così ha praticato per un anno il suo mestiere di conducente nei pressi di Algeri.
Dopo qualche mese, senza documenti accettabili, Ibrahim è stato deportato e poi abbandonato nel deserto che lo separa dal Niger. H ritentato per altre due volte di migrare in Algeria, a Tamanrasset, per non tornare a casa con le mani piene di sconfitta. Ogni volta è stato preso, detenuto e infine deportato al confine nigerino. E così adesso si trova a Niamey, nei pressi dell’aeroporto civile. Con la complicità del console onorario è diventato finalmente possessore di una carta d’identità e di null’altro, se non i ricordi del viaggio e il desiderio di capire perché, nel mondo, le frontiere siano come armi da guerra.
Niamey, 16 aprile 2023
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