Rubriche

Erranze e frontiere come armi da guerra

Mauro Armanino martedì 18 aprile 2023
Abdou, originario di Bouaké nella Costa d’Avorio, ha perso suo padre mentre era ancora studente delle medie. Con un fratello minore, quattro sorelle e la madre a carico, è partito per l’Algeria nel 2015. Arrivato a Tamanrasset si è saputo guadagnare quanto bastava per continuare il cammino fino a Adrar, a Oran e infine il Marocco attraversando la frontiera di Oujda. Ottenuto lo status di rifugiato nella capitale Rabat, è rimasto a lungo senza un lavoro stabile. Così ha deciso di sfidare la barriera metallica di Melilla, enclave spagnola, lunga 12 chilometri, dotata di videocamere di vigilanza e strumenti per la visione notturna. I cavi posti sul terreno connettono a una rete di sensori elettronici acustici e visivi. La barriera è alta sei metri e Abdou insieme con alcuni suoi compagni, il 10 marzo scorso, ha cercato inutilmente di avvicinarla. I militari marocchini, al servizio della Spagna, con bastoni e cani li hanno fermati prima di raggiungere quella frontiera, spinata, con l’Europa. Abdou è stato arrestato e poi abbandonato al confine con l’Algeria e da qui, in seguito, preso e deportato a un’altra frontiera, quella con il Niger. Passate Assamaka, Arlit e Agadez, si è ritrovato a Niamey. Lo zainetto con l’unico vestito di ricambio e una borsa coi suoi documenti sono spariti dalla stazione del bus nella quale passa i suoi giorni nigerini. Gli rimangono ancora altre frontiere prima di tornare a casa, apparentemente, le mani vuote. Mani libere come quelle di Ibrahim, di mestiere tassista nella capitale della Guinea, Conakry che, ormai da anni, spinge i propri figli a cercare lontano quanto è stato loro rubato in patria. Ha abbandonato il suo Paese nel 2021, avventurandosi sino n Algeria, passando dal confinante Mali. La madre dei suoi due figli, Fatoumata, era dolorosamente d’accordo col suo rischioso viaggio perché il suo lavoro non gli permette più di sopravvivere con dignità. E così ha praticato per un anno il suo mestiere di conducente nei pressi di Algeri. Dopo qualche mese, senza documenti accettabili, Ibrahim è stato deportato e poi abbandonato nel deserto che lo separa dal Niger. H ritentato per altre due volte di migrare in Algeria, a Tamanrasset, per non tornare a casa con le mani piene di sconfitta. Ogni volta è stato preso, detenuto e infine deportato al confine nigerino. E così adesso si trova a Niamey, nei pressi dell’aeroporto civile. Con la complicità del console onorario è diventato finalmente possessore di una carta d’identità e di null’altro, se non i ricordi del viaggio e il desiderio di capire perché, nel mondo, le frontiere siano come armi da guerra. Niamey, 16 aprile 2023 © riproduzione riservata