New York, agosto 1974. La città si ferma, come incantata, e guarda in alto: un uomo sta attraversando il vuoto tra le Torri gemelle, in equilibrio su un cavo d'acciaio, a centodieci piani d'altezza. Sull'eroica passeggiata tra le nuvole di Philippe Petit, Colum McCann ha costruito un romanzo dove l'impresa funambolica diventa il ritratto di un'America in bilico fra sogno e tragedia, tra illusione di potere e presentimento della caduta. Ogni personaggio, coralmente intrecciato con gli altri, deve affrontare la perdita di un baricentro emotivo: la prostituta che vive nelle turbolenze del Bronx, o la pittrice che cerca una stabilità sentimentale, o la donna che nella sua casa di un quartiere residenziale oscilla davanti a un grande dolore. «Tutte le vite che potremmo vivere, tutte le persone che non conosceremo mai, o che non saremo, sono ovunque. È questo il mondo». Sono le parole d'apertura, quelle che portano i lettori dentro il libro. E immediatamente ci si ritrova a camminare nel labirinto, con stupore, con sorriso, con spavento. A osservare la fragile bellezza della vita, sospesa sul filo come quell'equilibrista che si muove lassù in alto, audace e maestoso, lontano eppure vicinissimo. «Evoca un'estasi che sonnecchia nel profondo di ciascuno» ha scritto Werner Herzog, «uno stato interiore magnifico, come una luce».