Erasmo da Rotterdam, il galateo prima di monsignor Della Casa
Il problema di insegnare il bon ton ai ragazzi non è di oggi: se ne sono occupati, tra gli altri, lo pseudo-Plutarco, Quintiliano, Petrarca, Leon Battista Alberti, Enea Silvio Piccolomini, Vittorino da Feltre. A dire il vero, oggi si nota un certo risveglio di interesse per la buona educazione, perché la troppa informalità, la goffaggine, la trasandatezza finiscono per venire a noia.
Giunge opportuna, dunque, la pubblicazione del trattatello di Erasmo da Rotterdam Le buone maniere dei ragazzi, a cura di Giulio Cesare Maggi, con testo latino a fronte (De civilitate morum puerilium, La Vita Felice, pagine 112, euro 8). Il piccolo libro, dedicato al dodicenne principe Enrico di Borgogna, è del 1530, quindi precede di ventott'anni l'ipercelebre Galateo di monsignor Della Casa.
Diciamo subito che l'angolazione degli argomenti è perfetta, moderna perché senza tempo, improntata com'è all'understatement, alla non ostentazione del proprio rango e dei propri gusti: come si dice oggi, beneducato non è chi non versa la salsa sulla tovaglia (può capitare a tutti), ma chi, quando un commensale versa la salsa sulla tovaglia, non lo fa notare (a proposito: quando si è invitati a pranzo, non si chiede il sale perché il gesto sottintenderebbe che il cibo non è stato cucinato a gusto o a dovere).
Naturalmente, Erasmo suggerisce comportamenti che oggi non usano più. Per esempio, «se ti capita di starnutire in presenza d'altri, è buona norma girarsi di fianco, facendosi al contempo il segno della Croce: sarà buona cosa, poi, levarsi il cappello per scusarsi e per ringraziare coloro tra i presenti che ci hanno augurato "Salute"». Oggi questo devoto rituale è superato, e non si augura "Salute": oggi lo starnuto, come ogni altro rumore corporale, semplicemente non lo si sente.
Erasmo invita a tagliare il pane «correttamente» con il coltello, cosa oggi vietata: il pane lo si sminuzza sempre con le mani. Il tono del grande umanista è spiritoso, brillante: «Certe persone, sedendosi, tendono ad accavallare le gambe; altre, stando in piedi, le incrociano come fossero una lettera X: ciò esprime nei primi un certo grado di ansia, negli altri di stupidità»; «Si dovrebbe bere la prima volta dopo la seconda portata, e poi alla fine del pasto, sorseggiando adagio e non buttando giù in un colpo il contenuto del bicchiere, evitando il rumore che fa il cavallo quando si abbevera».
Ci sono anche accenni etnici: «Bisogna avere cura della pulizia dei denti, evitando però di renderli bianchi con la polvere come fanno le fanciulle, né utilizzando il sale o la polvere di allume, che infiammano le gengive, e ancora meno strofinarli con l'urina, come è uso tra gli Spagnoli» (quest'ultima non la si era mai sentita). Vietato anche «alzare continuamente le spalle come usano fare alcuni italiani».
La traduzione di Giulio Cesare Maggi è eccellente, talvolta con piccoli tributi al politicamente corretto: «Non è per niente una bella cosa guardare una persona tenendo un occhio chiuso: cosa significa rendersi orbi da sé stessi? Lasciamo questo modo di fare ai tonni e a certe categorie di operai». Nell'originale gli operai sono presi in blocco, lasciando sottintesa la selezione: "Eum gestum thynnis ac fabris relinquamus».
Conclusione: «Considero segno fondante di un'educazione raffinata e di un comportamento ineccepibile il saper scusare gli errori degli altri e non dimostrare meno affetto a un amico se si comporta in maniera goffa. E, se un amico commette un errore di una certa importanza, è meglio farglielo notare con garbo e in privato».