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Erasmo da Rotterdam, il galateo prima di monsignor Della Casa

Cesare Cavalleri mercoledì 10 gennaio 2018
Ah, le buone maniere! Com'è bello avere a che fare con persone educate, giovani che non tengono la mano sinistra in tasca mentre porgono la destra per salutare, che non prendono l'iniziativa di darti del tu, che ti lasciano il margine interno del marciapiedi, che non ti cedono il passo entrando o uscendo dal bar, ma passano per primi facendo strada davanti a te!
Il problema di insegnare il bon ton ai ragazzi non è di oggi: se ne sono occupati, tra gli altri, lo pseudo-Plutarco, Quintiliano, Petrarca, Leon Battista Alberti, Enea Silvio Piccolomini, Vittorino da Feltre. A dire il vero, oggi si nota un certo risveglio di interesse per la buona educazione, perché la troppa informalità, la goffaggine, la trasandatezza finiscono per venire a noia.
Giunge opportuna, dunque, la pubblicazione del trattatello di Erasmo da Rotterdam Le buone maniere dei ragazzi, a cura di Giulio Cesare Maggi, con testo latino a fronte (De civilitate morum puerilium, La Vita Felice, pagine 112, euro 8). Il piccolo libro, dedicato al dodicenne principe Enrico di Borgogna, è del 1530, quindi precede di ventott'anni l'ipercelebre Galateo di monsignor Della Casa.
Diciamo subito che l'angolazione degli argomenti è perfetta, moderna perché senza tempo, improntata com'è all'understatement, alla non ostentazione del proprio rango e dei propri gusti: come si dice oggi, beneducato non è chi non versa la salsa sulla tovaglia (può capitare a tutti), ma chi, quando un commensale versa la salsa sulla tovaglia, non lo fa notare (a proposito: quando si è invitati a pranzo, non si chiede il sale perché il gesto sottintenderebbe che il cibo non è stato cucinato a gusto o a dovere).
Naturalmente, Erasmo suggerisce comportamenti che oggi non usano più. Per esempio, «se ti capita di starnutire in presenza d'altri, è buona norma girarsi di fianco, facendosi al contempo il segno della Croce: sarà buona cosa, poi, levarsi il cappello per scusarsi e per ringraziare coloro tra i presenti che ci hanno augurato "Salute"». Oggi questo devoto rituale è superato, e non si augura "Salute": oggi lo starnuto, come ogni altro rumore corporale, semplicemente non lo si sente.
Erasmo invita a tagliare il pane «correttamente» con il coltello, cosa oggi vietata: il pane lo si sminuzza sempre con le mani. Il tono del grande umanista è spiritoso, brillante: «Certe persone, sedendosi, tendono ad accavallare le gambe; altre, stando in piedi, le incrociano come fossero una lettera X: ciò esprime nei primi un certo grado di ansia, negli altri di stupidità»; «Si dovrebbe bere la prima volta dopo la seconda portata, e poi alla fine del pasto, sorseggiando adagio e non buttando giù in un colpo il contenuto del bicchiere, evitando il rumore che fa il cavallo quando si abbevera».
Ci sono anche accenni etnici: «Bisogna avere cura della pulizia dei denti, evitando però di renderli bianchi con la polvere come fanno le fanciulle, né utilizzando il sale o la polvere di allume, che infiammano le gengive, e ancora meno strofinarli con l'urina, come è uso tra gli Spagnoli» (quest'ultima non la si era mai sentita). Vietato anche «alzare continuamente le spalle come usano fare alcuni italiani».
La traduzione di Giulio Cesare Maggi è eccellente, talvolta con piccoli tributi al politicamente corretto: «Non è per niente una bella cosa guardare una persona tenendo un occhio chiuso: cosa significa rendersi orbi da sé stessi? Lasciamo questo modo di fare ai tonni e a certe categorie di operai». Nell'originale gli operai sono presi in blocco, lasciando sottintesa la selezione: "Eum gestum thynnis ac fabris relinquamus».
Conclusione: «Considero segno fondante di un'educazione raffinata e di un comportamento ineccepibile il saper scusare gli errori degli altri e non dimostrare meno affetto a un amico se si comporta in maniera goffa. E, se un amico commette un errore di una certa importanza, è meglio farglielo notare con garbo e in privato».