Era appena il 20 giugno: non sapevamo fino a quando saremmo andati e come, ma milioni di strade di colpo chiedevano dov'era il mare. Finiva la primavera più buia della nostra vita, iniziava un ignoto sotto vuoto spinto. Ci siamo illusi, abbiamo sognato poco e sbagliato molto. Ma si dicono e si fanno un sacco di cose in estate che non hanno significato in inverno. Tutti almeno una volta ci siamo innamorati, e per quasi tutti era d'estate. Dietro una chitarra magari, convinti che quella canzone fosse stata scritta apposta per noi. Oppure inseguendo l'alba, quella che d'inverno non ti alzi mai ad aspettare. Sarà perché in estate ci si guarda negli occhi, e lei se ne va solo quando la implori di restare.
Ora che è finita davvero, resta la sensazione di averla sprecata, di averla fatta passare troppo in fretta. Perché l'estate vola, l'autunno cammina. Da oggi è come se fosse sempre lunedì, fino a ieri era sempre sabato. Senza sole cambia tutto. Perché è sempre dell'ombra che occorre dar conto, quando in un attimo è già sera, è già ottobre, è già finito il caldo, e insomma nello spazio di un tramonto non siamo più quello che eravamo prima. Restiamo invece sempre il Paese in cui diventano di destra o di sinistra persino i cambi di stagione. Questa però inizia con un bisogno enorme di serietà. Ci serve davvero per poter sognare un'estate diversa, un'altra, la prossima.