A metà marzo il festival di Pordenone sarà interamente dedicato al tedesco Hans Magnus Enzensberger, uno degli scrittori più originali e noti nell'ultimo mezzo secolo. È caratteristico di Enzensberger praticare più generi letterari, dal poema al reportage, alla narrativa per ragazzi. Il suo eclettismo intellettuale, la sua versatilità sperimentale, il suo gusto del paradosso e della provocazione sia teorica che politica, fanno di lui un postmoderno engagé e neoclassico, un fantasioso e funambolico critico della società e della cultura. Sulla sua opera è uscito recentemente un ottimo libro di Sara Mamprin, Tra letteratura e giornalismo. La produzione pubblicistica di Hans Magnus Enzensberger (Campanotto). Questo titolo potrebbe sembrare limitativo: in realtà si tratta di una monografia esauriente e documentata, che coglie perfettamente il punto di equilibrio instabile (e produttivo) di un autore che ha sempre usato la letteratura come strumento di conoscenza e di comunicazione. Enzensberger è da decenni il poeta tedesco più letto e influente: può essere considerato un erede di Brecht, Benn e Auden, ma anche di Apollinaire, di Heine e perfino di Villon e Catullo, avendo rifiutato fin dall'inizio (il suo esordio risale al 1957) la logica soffocante delle Neoavanguardie.
Enzensberger è però, a modo suo, anche un giornalista-filosofo che non ha dimenticato Orwell e Kraus ma neppure Diderot, uno dei suoi autori preferiti. Le formule definitorie con cui Sara Mamprin apre il suo libro meritano di essere ricordate: «Giocatore d'azzardo, poeta dotto, angry young man. Scrittore reazionario o progressista, leggero o pedante, volubile o ideologico, Enzensberger è stato ammirato quanto aspramente criticato e le polemiche continuano ad accompagnare anche oggi le iniziative editoriali di questo scrittore ormai ottantenne. Nel suo percorso sono riassunti i grandi dibattiti dell'intellighenzia europea del secondo dopoguerra e le più animose polemiche tedesche degli ultimi cinquant'anni».