Avrei voluto che ci fosse il Papa, sabato pomeriggio nel castagneto di Fulvio Viesi a Castione di Brentonico. Un pensiero impossibile, ma mentre questo signore raccontava come gestiva quegli alberi secolari, mi si è palesata l'enciclica Laudato Si, ovvero la strada possibile dell'armonia che produce vita e anche qualità. Quest'anno la campagna castanicola ha subito un duro colpo: meno 80%, anche 90% di raccolto, soprattutto nelle aree del centro Sud. La siccità sommata a un mese di settembre con poca pioggia sono stati letali. E anche qui a Castione, in Trentino, il raccolto è stato dimezzato. Ma è di buona qualità, soprattutto per i marroni. E m'ha colpito constatare coi miei occhi un castagneto non intensivo ma con ampi spazi verdi, potature perfette e persino le casette per permettere agli animali di nidificare. «Nella natura c'è tutto – racconta Fulvio Viesi – persino la conservazione stessa di un frutto delicato, come la castagna, che ha una tripla protezione». L'ultima è quella del riccio che una volta staccato favorisce la fermentazione naturale per cui le castagne nelle "ricciaie" si conservavano fino a Pasqua. Poi le leggi del commercio hanno portato a prelevare il frutto subito. Nel 2005 la castanicoltura nazionale ha subito un duro colpo con l'arrivo di una vespa che ha iniziato a insidiare i raccolti. E qui la storia si fa come sempre complicata. All'Università di Agraria di Torino hanno acquisito dal Giappone 15 esemplari di Torinus Sinensis, un insetto antagonista della vespa, che nel Sol Levante avevano utilizzato già 10 anni prima. «E nel giro di tre anni – dice Fulvio Viesi – la vespa è stata debellata in tempi rapidissimi». Ma che fa l'ingordigia dell'uomo? Inventa un fitofarmaco, il quale, laddove è stato applicato, ha ucciso sia la vespa (in parte) sia l'antagonista, senza risolvere il problema, ma soprattutto senza riportare un equilibrio. Col solo risultato di arricchire qualcuno che, di fronte alla disgrazie, trova sempre il modo di monetizzare. L'Associazione Nazionale Città della Castagna, di cui Fulvio Viesi è vicepresidente, si è prodigata in tutti i modi per diffondere questa pratica, ma poi qualcosa si è inceppato. E non si capisce mai chi doveva controllare e coordinare e invece è stato con le mani in mano (magari non proprio vuote) a guardare. Il ministero per le Politiche agricole, di fronte all'insorgere di problemi come questi, fa i piani di intervento, lo ha fatto anche per la castanicoltura, ma poi qualcosa non funziona come deve e vien da chiedersi perché si permetta che qualcuno intacchi un bene collettivo. Quello della castagna è un esempio, ma quanti altri se ne potrebbero fare: dalla flavescenza delle vite alla Xylella fastidiosa, che non trovano mai una soluzione certa. Colpa della corruzione? Oppure siamo proprio incapaci di lavorare con un metodo che porti a un risultato? Delle due l'una.