«Quel desiderio quasi nazista»
I BIDONI DELLA PAURA«Ventiquattromila embrioni ciechi ricercati nelle cliniche e negli ospe-dali di tutta Italia, contati dalla Finanza, caricati su furgoni speciali, portati via con la scorta, blindati in celle sterili, sistemati su scaffali in contenitori numerati, chiusi in fondo a un"unica grande cripta di ghiaccio, inaccessibile, lontana da tutto». Su Repubblica, il mese scorso, appariva (14.2) una narrazione del «viaggio delle "vite possibili" verso un unico frigorifero di Stato», quello istituendo a Milano per gli embrioni «extranumerari». Anche questa voleva essere una requisitoria contro «l"irruzione dello Stato nella vita biologica dell"individuo» ed era un"efficace descrizione della barba-rie della crioconservazione. In quel «campo di concentramento degli embrioni d"Italia» c"è «lo stesso freddo, la stessa tecnologia, la stessa sorveglianza burocratica dei centri periferici di fecondazione assistita [,...] Non c"è nulla di poetico e di teneramente pre-natale in quei bidoncini [...] pieni di azoto liquido a 180 gradi sotto zero». C"è, invece «una paura nuova, che fa corto circuito con un"altra: il controllo del gene umano, la duplicazione della vita, i posteri-replicanti...».
CHI HA IL DIRITTO«Chi ha il diritto di decidere sul mio corpo di donna?» Franca Long pone, sul mensile Confronti (num. 3), un interrogativo, in linea con i testi precedenti. Infatti, chi è il vero og-getto di quella legge? Il corpo della donna o il figlio, da trattare come persona e non come solo corpo? Perché, se da millenni si legifera sulla nascita naturale dei figli (acco-glienza, abbandono, nome, registra-zione ecc.), non si può legiferare adeguatamente su quella artificiale?