È vero che la tecnologia ci spinge a mentire di più?
Mentire, si sa, è un vizio antico. Si dice che tutti mentano. Al punto che Revel sosteneva che «la prima di tutte le forze che governano il mondo è la menzogna». Che il digitale non faccia eccezione l'abbiamo imparato da tempo. Addirittura la credenza comune è che la tecnologia ci ha sì offerto nuovi modi per connetterci, ma ci ha anche dato più opportunità di mentire. Ma davvero le persone mentono di più dall'avvento dei social media e degli smartphone?
A cercare di rispondere a questa domanda in maniera scientifica ci ha provato David Markowitz, che insegna alla School of Journalism and Communication dell'Università dell'Oregon. Nel suo saggio uscito in questi giorni su The Conversation, Markowitz ci ricorda che uno dei primi studi a indagare la connessione tra i tassi di inganno e la tecnologia risale al 2004. «A un gruppo di studenti fu chiesto quante interazioni sociali avevano avuto negli ultimi sette giorni tramite mezzi tecnologici (telefono, messaggi ed e-mail) e quante volte avevano mentito». Si scoprì che le persone avevano detto più bugie quando usavano il telefono (con la voce o con i messaggi) mentre erano state molto più sincere via e-mail.
Da allora – spiega Markowitz – «i modi in cui comunichiamo con le tecnologie sono molto cambiati». A partire dal fatto che nel 2004 Facebook era appena nato, Twitter, Instagram e TikTok non esistevano e gli smartphone come li conosciamo non esistevano.
Così Markowitz ha rifatto la stessa ricerca sul rapporto tra bugie e tecnologie, aggiungendo a strumenti come il telefono, le e-mail e i messaggi anche l'uso dei social, le chat video e le comunicazioni faccia a faccia.
I risultati del suo studio sono particolarmente interessanti. Il mezzo più usato per mentire dal campione della sua ricerca (250 persone) è stato quello delle video-chat (oltre il12% dei casi) seguito a ruota dalle telefonate mentre le e-mail si sono confermate lo strumento tecnologico dove si dicono meno bugie.
Il dato di questo nuovo studio che mi ha colpito di più è il fatto che il campione analizzato ha ammesso (anche se di poco) di dire più bugie di persona che via social. Secondo Markowitz, «ci sono diverse possibili spiegazioni per questi risultati. I tassi di inganno potrebbero anche differire da una tecnologia all'altra perché le persone usano alcune forme di tecnologia per determinate relazioni sociali. Ad esempio, le persone inviano email soprattutto in ambito professionale, mentre usano le chat video per relazioni più personali, quindi nel primo caso sono più frenate nel mentire». Per Markowitz, ci sono due punti chiave nel suo studio. «Il primo è che le differenze nei tassi di menzogna dei vari media sono molto piccole. Il secondo è che il tasso di menzogna resta sempre tutto sommato basso (tra il 7.8% e il 12,5% – ndr)». Insomma, secondo Markowitz, anche se la tecnologia ha cambiato il modo in cui le persone comunicano e la pandemia il modo in cui socializzano, «non mentono di più». E questo smentisce la credenza comune che sostiene che le tecnologie ci rendano meno sinceri. «La convinzione che la menzogna sia dilagante nell'era digitale semplicemente non corrisponde ai dati». Almeno a quelli che emergono da questo studio.