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Vite digitali. È questo il digitale che volevamo? È questo l’internet che sognavano?

Gigio Rancilio venerdì 30 dicembre 2022

Questi giorni sono tradizionalmente dedicati ai bilanci e alle previsioni. Anche il mondo digitale non sfugge a questo rito. A questo punto, per fare le cose come tutti gli altri, dovrei elencarvi successi e fallimenti nel digitale del 2022 e proporvi una carrellata delle tendenze previste dai vari esperti per il 2023. Dovrei, ma mi sembra più importante partire condividendo con voi una domanda. Anzi, due. Le ha proposte nella sua newsletter Ellissi il bravo Valerio Bassan. Eccole: è questo l’internet che sognavano? È questo l’internet che meritiamo?

A furia di correre dietro all’ultima novità o all’ultima moda, infatti, spesso ci sfugge il quadro di insieme. Queste due domande sono figlie di una considerazione di Bassan assolutamente condivisibile: il mondo digitale attualmente è «in una nuova era oscura». Che lui sintetizza così: «La guerra in Ucraina ha contribuito a frammentare ancora di più i social e svelato le loro ipocrisie; le intelligenze artificiali ormai utilizzano gli umani come assistenti; le cripto valute hanno mostrato il proprio lato peggiore». E ancora: «L’unico vero impatto del metaverso di Meta è stato, per ora, causare 11.000 licenziamenti; mentre uno degli uomini più ricchi del mondo si è comprato un social network e lo utilizza come un megafono per fare propaganda e strizzare l’occhio ai complottisti». Infine: «Il creator più seguito su YouTube promuove il culto del denaro attraverso bislacchi reality show estremi; mentre il video più visto su TikTok in USA è quello di uno chef che costruisce una giraffa di cioccolato».

Davvero, si chiede e ci chiede Bassan, era questo l’Internet che sognavamo? Non so voi, ma personalmente ho abbastanza anni sulle spalle per ricordarmi che sognavamo davvero qualcosa di diverso. Ricordate? Si parlava di uno spazio digitale aperto, libero e collaborativo. So benissimo che il digitale di oggi è ricco anche di cose belle e positive, ma l’andazzo generale è quello sopra descritto da Bassan. Siamo in un momento di vera crisi. Dove la corsa al business, ai like, all’apparenza, al superfluo, al “divertente” sembra stia relegando ai margini del digitale tutto il resto, informazione, cultura e religioni comprese. E siamo alla seconda domanda: è questo l’internet che ci meritiamo? Ovviamente no.

Ma è indubbio che una parte della crisi dipenda anche da alcune nostre scelte. Ogni volta che corriamo dietro ai (presunti) facili guadagni delle criptovalute come ai video sempre più superficiali degli influencer, quando mettiamo like alle cose più becere e snobbiamo quelle di contenuto – quando, insomma, scegliamo le cose più semplici e più vuote imboccando le scorciatoie - contribuiamo a dare una spinta verso il basso a tutto il sistema. Eppure, nonostante tutto, abbiamo molte buone ragioni per sperare ancora. A partire dal fatto che questa crisi , proprio perché così profonda, potrebbe presto evolversi in un punto di svolta e donarci un prossimo futuro foriero di grandi e belle sorprese. Dobbiamo non solo sperarci ma crederci e comportarci perché ciò possa accadere. Dobbiamo dare dei segnali importanti diversi dall’andazzo generale. Ancora una volta, ancora prima di guardare a ciò che fanno i giganti digitali e le star dei social, dobbiamo diventare più responsabili delle nostre scelte quotidiane digitali. Anche quelle più piccole. Da sole contano poco, ma messe insieme a quelle di tanti altri possono fare tantissimo. Dimostrare, per esempio, che un’altra internet è ancora possibile.