È la verità che ci rende sorelle e fratelli, è la ricerca dell’assoluto che ci vede uniti sulla stessa strada, è la fame di amore che ci rende amici e compagni. Se fossimo in grado di vedere tutto questo, come lo vide san Giosafat Kuncewycz, vescovo di Polock e testimone di unità tra le popolazioni slave, le guerre perderebbero ogni loro arma. Nato a Wolodymyr in Volinia (Ucraina) nel 1580, è il simbolo degli esiti nefasti degli scontri tra ortodossi e uniati. A quei tempi parte della Rutenia era passata dalla Russia al dominio del re di Polonia, Sigismondo III. Se la fede dei Polacchi era cattolica romana, in Rutenia i fedeli aderivano alla Chiesa greco-ortodossa. Per unire le due anime si cercò una conciliazione tra Chiesa greca e comunità latina: si mantennero i riti e i sacerdoti ortodossi, ma si ristabilì la comunione con Roma. Questa Chiesa, detta «uniate», ebbe l’approvazione del Re di Polonia e di papa Clemente VIII. Per gli ortodossi, però, gli uniati erano solo dei “traditori”, mentre per i latini essi erano degli estranei. Giovanni Kuncevycz, che prese il nome di Giosafat, si fece difensore della Chiesa uniate. A vent’anni era entrato tra i monaci basiliani; poi fu priore, abate e infine arcivescovo di Polock, intraprendendo una riforma dei costumi monastici della regione rutena. Ma a causa del suo operato nel 1623 un gruppo di ortodossi lo assalì e lo uccise a colpi di spada e di moschetto.
Altri santi. San Nilo il Sinaita, confessore (IV-V sec.); beato Giovanni Cini da Pisa, eremita (1270-1335).
Letture. Romano. Sap 6,12-16; Sal 62; 1Ts 4,13-18; Mt 25,1-13.
Ambrosiano. I Domenica di Avvento. Is 24, 16b-23; Sal 79 (80); 1Cor 15, 22-28; Mc 13, 1-27.
Bizantino. 2Cor 9,6-11; Lc 10,25-37.
t.me/santoavvenire