È la “cultura” della Carta il filo tra tutti i Presidenti
È una questione complessa e delicata anche dal punto vista storico. Dal dopoguerra a oggi la geografia politica del Paese è profondamente cambiata e sono cambiati i significati che si attribuiscono ai termini del lessico politico. C'è il rischio di confondere le etichette. Tra gli anni 50 e 60 del Novecento il problema del centrosinistra ruotava intorno all'ingresso del Psi nel governo: altri tempi. Le categorie di centrodestra e centrosinistra come le utilizziamo ora nascono più o meno dopo la caduta del muro di Berlino, con l'ingresso del principio maggioritario nel sistema elettorale, lo scioglimento del Pci, la fine della Dc e la discesa in campo di Berlusconi. Ma dai primi anni 90 i mutamenti sono stati ancora di grande rilevanza, con una brusca accelerazione nelle ultime due legislature che hanno visto l'irruzione sulla scena delle forze populiste e sovraniste.
Pur con tutte queste avvertenze e scontando i limiti di un'inevitabile semplificazione, uno sguardo sintetico sui Presidenti mostra una notevole varietà di matrici politico-culturali. Enrico De Nicola era un liberal-giolittiano monarchico, Luigi Einaudi un liberale, Saragat un socialdemocratico, Pertini un socialista. Tra i democristiani, Giovanni Gronchi lo si sarebbe potuto collocare sul centrosinistra, ma Antonio Segni e Giovanni Leone proprio no. Difficile incasellare Francesco Cossiga, provenienza sinistra dc ma poi amatissimo a destra. Oscar Luigi Scalfaro è stato convintamente anti-berlusconiano, ma certo non uomo di sinistra, anzi. Con Carlo Azeglio Ciampi arriviamo al primo Presidente mai stato parlamentare, ma non è improprio richiamare l'imprinting della militanza giovanile nel Partito d'Azione. Giorgio Napolitano, in Parlamento con i Ds, è stato il primo Capo dello Stato proveniente dall'esperienza del Pci. Nella varietà di queste matrici c'è però un filo che finora ha unito tutti i Presidenti, compreso quello in carica, ed è il legame con le culture politiche che hanno contribuito a scrivere la Carta costituzionale. La storia va avanti e non bisogna aver paura del nuovo, ma quella radice contiene valori da cui la Repubblica non può prescindere.