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È iniquo il “contributivo” per i familiari superstiti

Vittorio Spinelli martedì 23 maggio 2023
Guardava lontano la riforma della previdenza del Governo Dini (anno 1995). Ha introdotto regole valide ancora oggi, uguali per tutti e in diversi campi (invalidità, riscatti ecc.), e ha posto un freno alla valanga delle pensioni fino allora generosamente liquidate sull’importo dell’ultima retribuzione. L’argine a difesa dei conti dell’Inps ha coinvolto equamente gli assegni di riversibilità ai familiari superstiti dei lavoratori deceduti con diritto a una pensione “retributiva”. Ancora oggi (salvo la presenza di figli minori, di disabili ecc.) il possesso di redditi familiari accanto all’assegno di riversibilità, riduce ulteriormente l’importo mensile del 25, del 40 o del 50%. Poco più di 20 mila euro lordi sono sufficienti per ridurre di un quarto una pensione di riversibilità che nasce già al 60% di quella del defunto. Nel frattempo, il nuovo calcolo contributivo delle pensioni si è imposto su tutto il sistema previdenziale, come applicazione di un criterio molto semplice: tanto versi lungo la vita lavorativa, altrettanto ti viene restituito sotto forma di pensione, negli anni della vecchiaia, non un euro di più. Si comprende che anche gli assegni di reversibilità provenienti da una pensione contributiva (del defunto) devono corrispondere al criterio di equità del nuovo calcolo. Di fatto però, pur essendo mutato il sistema, perdura anche per gli assegni di riversibilità del “contributivo” il taglio del 25-50% quando sono presenti redditi oltre i 20 mila euro. Si tratta quindi di una decurtazione che contraddice la natura del nuovo sistema e, sebbene in proporzione al 60% del deceduto, liquida al familiare superstite meno del dovuto. Una palese iniquità che, all’interno di un ricorso ben confezionato, avrebbe immediato accesso al giudizio della Consulta. Verifiche Inps. L’Inps procede in questi giorni alla verifica dei redditi sulle pensioni ai superstiti dei pubblici dipendenti liquidate nel 2020. La verifica riguarda sia l’eventuale riduzione della pensione per la presenza di redditi superiori, sia gli effetti del nuovo criterio espresso dalla Corte Costituzionale (sentenza n. 160/2022), secondo cui, in caso di redditi “influenti”, l’assegno non può essere decurtato oltre il complesso dei redditi aggiuntivi. Eventuali recuperi a debito saranno effettuati sulla rata di agosto 2023. © riproduzione riservata