Una stagione estiva molto differente da quella del duemila quattordici, tanto prodiga di piogge. Questo sole, che appare più bruciante del solito, ci fa cercare l'ombra e, a questa ora del pomeriggio, nemmeno l'antica quercia mi da sollievo. Mi apre invece la sua porta la vecchia casa nata nei primi del '900, coronata da prati e boschi perenni che ne limitano l'orizzonte con il resto del mondo. La frescura interna mi fa chiudere gli occhi e mi trasporta indietro nel tempo. Come nel turbinio di un vento improvviso si fanno vive le immagini, le voci, la musica, il canto e le figure si muovono resuscitate dal ricordo. Allora è qui che correvo con le sorelle e i cugini, il vestito al vento, e mi sentivo padrona del mondo? È su questo grande prato che cantavo ad alta voce con le braccia alzate in un abbraccio alla vita che non conoscevo, ma che sentivo crescere attorno a me come un turbine e una promessa? Nella sala dove oggi mi trovo sola il sogno ricrea le voci, le figure dei nonni, dei padri, degli zii e ricompone quel profumo di colonia che annunciava sempre l'arrivo della mamma. Ecco il suo avanzare elegante, il sorriso che le regalava una grazia naturale, assieme al coraggio e l'amore per un uomo che le aveva chiesto di condividere le tempesta della vita. E ancora quella sua maturità serena, quasi una giovinezza che non voleva tramontare, insegnare a noi ragazzi i passi dal valzer viennese che lei sapeva ballare così bene. Non si può dimenticare l'incanto di quelle sere quando il respiro forte della legna che bruciava nel caminetto vinceva sul picchiettio della pioggia sui vetri delle finestre e ci faceva sentire al sicuro come in un comune abbraccio. Fuori il tuono, moltiplicato dall'eco delle montagne, ci riempiva gli occhi di paura, allora nostro padre ci insegnava le antiche armonie della sua giovinezza e del suo paese. Poi la famiglia si allargava, qualcuno sembrava sparire nell'ombra, ma era ancora presente nelle foto, nei discorsi, nei ricordi mentre lasciava il posto alle nuove generazioni: bambini biondi, bambini scuri che incominciavano a camminare, a cercare i grilli nel prato, a chiedere gli infiniti «perché». Negli anni la sala cambiò pavimento, poltrone, colori. I ragazzi diventarono donne e uomini con i loro desideri, i problemi, la voglia di futuro. Un giorno uno partì con la sua moto e non ebbe ritorno, altri costruirono nuove coppie, ebbero nuove città. Passarono gli anni e un altro, nato con i capelli rossi oggi venati di bianco, una notte per dimenticare i dolori della vita, forse sognava gli angeli quando da loro venne portato via. Anche i nonni cercarono il cielo e qui, nella sala grande, oggi tengo gli occhi chiusi per non scoprirmi sola.