E il Grande Antipatico trovò limite e applausi
«Quando sento che fanno il tifo per il mio rivale penso stiano acclamando me, è così che mi carico», ha ripetuto spesso. E dire che ci aveva provato a essere simpatico, ma alla fine era sempre emersa la sua natura così diversa dalla classe assoluta e inattaccabile di Federer o dalla generosità di Nadal. Benchmark altissimo, come fai a non voler bene a due così? Voler bene a Nole invece non è mai stato scontato, per via dei suoi atteggiamenti, di alcune sue prese di posizione, di alcune scivolate particolarmente spiacevoli anche in tempi di pandemia con posizioni, diciamo così, davvero poco condivisibili. La finale di Djokovic contro Medvedev agli US Open era molto attesa per tutti questi motivi, con il pubblico e gli appassionanti spaccati a metà fra il desiderio di assistere a un'impresa sportiva con pochissimi precedenti e il desiderio di veder crollare il campione proprio sul filo di lana. Un po' come coloro che guardano i trapezisti al circo, o la Formula 1, sospesi fra l'attesa della performance e dell'incidente.
Beh, questa volta a Nole Djokovic è capitato l'incidente. Una sconfitta in tre set, uno psicodramma che si materializzata sul 5-4 per il russo, nell'ultimo set, quando Nole è tornato in campo con gli occhi pieni di lacrime, come un adolescente schiacciato da un peso troppo grande, insostenibile. Proprio in quel momento è cambiato tutto, forse anche il futuro della sua carriera, quando il pubblico lo ha sommerso di applausi, come mai prima.
Lui, goffo e irriconoscibile, forse per la prima volta è uscito dal personaggio ed è diventato completamente umano. Sconfitto a un metro dalla vittoria più grande, che lo avrebbe probabilmente condannato all'eterna antipatia, dunque per la prima volta davvero vinto, ha vinto.
Joseph Rudyard Kipling, nel 1895, scrisse "If" una splendida poesia dedicata a suo figlio (si intitola "Se" nella sua versione italiana) dove gli ricorda che, per diventare Uomo dovrà superare alcune prove, ricordate fra le altre in questi versi: «Se saprai sognare, senza fare del sogno il tuo padrone; /Se saprai pensare, senza fare del pensiero il tuo scopo, / Se saprai confrontarti con Trionfo e Rovina / E trattare allo stesso modo questi due impostori».
Ci piace pensare che Nole Djokovic sul campo intitolato ad Arthur Ashe (gigante della storia del tennis e campione assoluto di valori), proprio lì, nel distretto del Queens a New York, abbia finalmente incontrato il Trionfo e la Rovina, due impostori da trattare allo stesso modo.
La gente lo ha capito e ha riservato l'applauso più grande e sincere a un atleta diventato certamente più Uomo.