È Gesù che ci attrae Mai il proselitismo
Ma l'evangelizzazione, ci ha ricordato il Papa due mercoledì fa, non è fare "pubblicità" o "proselitismo" ma annunciare la fede «con gioia, anche nel martirio». «Padre, vado a evangelizzare», ha detto immaginando un dialogo con un fedele. «E cosa fai?», «Cerco di convincere la gente che Gesù è Dio». «Caro, questa non è evangelizzazione, se non c'è lo Spirito Santo non c'è evangelizzazione, questo può essere proselitismo, pubblicità, ma l'evangelizzazione è lasciare che lo Spirito Santo sia lui a spingerti all'annuncio, con la testimonianza, anche con il martirio, e con la parola». L'auspicio, dunque, è «che lo Spirito faccia dei battezzati uomini e donne che annunciano il Vangelo per attirare gli altri non a sé ma a Cristo, che sanno fare spazio all'azione di Dio, che sanno rendere gli altri liberi e responsabili dinanzi al Signore».
È stata la seconda volta in pochi giorni che Francesco ha affrontato questo delicato tema. Lo aveva già fatto in Africa, durante l'incontro con i Gesuiti di cui aveva riferito "La Civiltà Cattolica", ricordando come «san Francesco d'Assisi ha detto ai suoi frati: "Andate nel mondo, evangelizzate. E, se necessario, anche con le parole"». L'evangelizzazione è essenzialmente testimonianza. Il proselitismo è convincente, ma è tutta appartenenza e ti toglie la libertà. Credo che questa distinzione possa essere di grande aiuto. Benedetto XVI ad Aparecida ha detto una cosa meravigliosa, che «la Chiesa non cresce per proselitismo; cresce per attrazione, l'attrazione della testimonianza»
Parole importanti e "pesanti", che sottolineano la continuità di una scelta irreversibile, l'abbracciare con determinazione il Vangelo senza badare ai numeri, ma alla vera sostanza dell'evangelizzazione. A far mettere nero su bianco per primo il rifiuto del proselitismo in un documento interconfessionale fu Giovanni Paolo II, che nel 1991 a Ginevra sottoscrisse un accordo in tal senso con la Chiesa ortodossa russa. Dopo di allora non si contano le volte in cui Wojtyla si è pronunciato contro il proselitismo, e dopo di lui lo stesso ha fatto Benedetto XVI, compresa appunto l'omelia di Aparecida in cui Ratzinger ha ribadito come «la Chiesa si sente discepola e missionaria di questo Amore [di Cristo]: missionaria solo in quanto discepola, cioè capace di lasciarsi sempre attrarre con rinnovato stupore da Dio, che ci ha amati e ci ama per primo. La Chiesa non fa proselitismo. Essa si sviluppa piuttosto per "attrazione": come Cristo "attira tutti a sé" con la forza del suo amore, culminato nel sacrificio della Croce, così la Chiesa compie la sua missione nella misura in cui, associata a Cristo, compie ogni sua opera in conformità spirituale e concreta alla carità del suo Signore». Non c'è eccezione possibile a questa regola d'amore.