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Due storie di vita e di morte una è finita, l’altra è in bilico

Umberto Folena giovedì 9 novembre 2023
Che cos’hanno in comune Indi Gregory e Sibilla Barbieri? Una bambina di 8 mesi, gravemente malata; inguaribile per i medici inglesi, con qualche speranza per quelli italiani. Un’attrice devastata dai tumori che, incassato il diniego della sanità italiana, va in Svizzera per porre fine alla sua vita. In comune, appunto, c’è lei, la vita: con il filo di speranza, senza più speranza. Moltissimi quotidiani le mettono l’una di fianco all’altra. Ma è Indi a prendersi più spazio, almeno il 7/11. “Repubblica” a pagina 20 apre con la bambina e assegna il piede all’attrice; scelta analoga per il “Giornale” e per il “Corriere”, apertura alla bambina e colonnino all’attrice. “Libero” eccezionalmente come la “Repubblica”: apertura a Indi e piede a Barbieri. Il “Fatto” scrive della bambina inglese, ora anche italiana, ma ignora Barbieri. La “Verità” dà l’apertura di pagina 15 a Indi e un inquadrato a Barbieri, più un commento di Ettore Gotti Tedeschi. Il giorno dopo, 8/11, arrivano le interviste, sempre molto ampie. Dean Gregory, padre della piccola Indi, è intervistato da Paola De Carolis sul “Corriere”: «L’Italia è la nostra ultima speranza»; da Antonello Guerrera sulla ”Repubblica”: «L’Italia per mia figlia Indi è davvero l’ultima speranza. Non staccate la spina ora»; da Hoara Borselli su “Libero”: «Mia figlia è forte, merita la possibilità di vivere ancora». Il dubbio sovviene: o Dean ha passato tutto il giorno a concedere interviste, o un’unica conferenza stampa è stata trasformata in intervista esclusiva. Poco importa. Accade lo stesso con Vittorio Parpaglioni, figlio di Sibilla Barbieri, che ha accompagnato la madre in Svizzera. Parla con Gabriella Cerami sulla “Repubblica”: «Che delusione il no del mio Paese», e con Valentina Petrini sulla “Stampa”: «Ho portato mamma a morire per amore, ora lo Stato faccia la legge sul fine vita». Protagonisti diversi e storie diverse ma due parole ritornano, vita e amore, con accezioni e sfumature diverse. In comune ci sono anche i giudici con i loro diversi “no”. E già viste sono le autodenunce, come quella di Luigi Manconi sulla “Repubblica” (8/11), che ha accompagnato Barbieri in Svizzera: «Fine vita. Anche io sono colpevole». Una storia è finita, l’altra è in bilico: «Il finale che nessuno conosce», allarga le braccia Mario Sechi su “Libero”. © riproduzione riservata