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Due blogger e l'eucaristia: tra confidenza e trepidazione

Guido Mocellin domenica 17 gennaio 2021
Ancora convalescente dopo la grave polmonite da Covid-19 e sedici giorni di ricovero ospedaliero durante i quali, dice, «ho immaginato che stesse arrivando la mia ora», Lugi Accattoli ha ripreso alacremente a raccogliere sul suo blog le “storie di pandemia”. Sono ormai oltre settanta ( bit.ly/2Na7YZM ) e, a quanto mi consta, più di un editore si è già fatto avanti per trarne un volume. La penultima ( bit.ly/2Lvemuh ) coinvolge Alver Metalli, giornalista di cui questa rubrica si è occupata spesso quando, dal 2013 al 2018, curava da Buenos Aires il blog “Terre d'America”. Dalla villa miseria argentina in cui vive ha pubblicato in e-book, nel maggio 2020, “Quarantena”, un «diario dalla peste». Leggendo che ad Accattoli è capitato, in ospedale, di fare il “ministro straordinario dell'eucaristia” non essendolo, gli confida una storia narrata anche nel “Giorno 8” di quel diario, ma stavolta lo fa con più parole e con più intensità. Anche lui infatti si è trovato, senza averlo mai fatto prima e con tutta la prudenza e le esitazioni del caso, ad amministrare a una giovane malata di tumore e di Covid, Noelia, l'eucaristia. Anzi, il viatico, «di cui ha bisogno più ancora della morfina che le somministrano da un paio di settimane». La storia restituisce tutta la trepidazione di un laico consapevole del ministero davvero straordinario che compie; l'impressione per la forza che in quella particolare circostanza le parole del rito assumono, «quelle di cui l'anima ha bisogno»; l'emozione per la disposizione d'animo con la quale Noelia «reclama» e poi accoglie, sorridendo mentre si leva a fatica sul letto, l'alimento spirituale atteso. «Avvicinandosi quel momento estremo, la sua stessa prossimità ci aiuta ad accettarlo? Il mistero che ci ha chiamati all'essere, ci ha dotati anche della capacità di scioglierci in pace dall'abbraccio della vita?», si chiede in conclusione Metalli. Ma nel suo racconto c'è già la risposta.