Due alieni nel Fondo Clero
Mutato lo schema contabile, non è mutato però il peggioramento dei conti, che perdura ormai da decenni. Quattro numeri riassumono il bilancio 2008: 31 milioni di euro come contributi versati dagli iscritti, 97 milioni come rate di pensione, 115 milioni il disavanzo economico dell'esercizio, che fanno aumentare il deficit patrimoniale alla quota di 1.654 milioni di euro.
Neppure un'ombra sulla formazione di questi importi. Tutti sono scaturiti dalla dovuta applicazione delle norme che regolano la previdenza sacerdotale. Disastrosa invece l'assenza delle istituzioni in grado di intervenire sia con provvedimenti legislativi sia di solidarietà, necessari a riportare in equilibrio la gestione previdenziale. E questo malgrado il progressivo aumento annuale del prelievo contributivo.
Le giovani generazioni di sacerdoti - denuncia il Comitato di Vigilanza - guardano con una certa apprensione al futuro del Fondo Clero. Si direbbe che lo stato sociale, almeno per quando riguarda i ministri di culto, rappresenti un sistema attento al passato in modo sufficiente, ma colpevolmente distratto sui rischi del futuro. Ed oggi " osserva ancora il Comitato " la quota della spesa sociale a favore dei ministri di culto finisce per tradursi in un proficuo investimento per la comunità civile, quando si pensi al servizio reso dagli stessi sacerdoti alla collettività nazionale nel campo dell'assistenza, del disagio sociale, della prevenzione, della custodia dei beni culturali.
Le voci aliene. Tutti i bilanci del Fondo, anno dopo anno, sono alterati da due "voci" aliene: a) la presenza di una trattenuta sulle pensioni (22 milioni di euro nel 2008), indipendente dai redditi personali, a carico dei sacerdoti che riscuotono un'altra pensione per aver svolto anche un'attività di lavoro dipendente. Il Fondo stesso incamera la trattenuta, che in realtà è una spesa pensionistica, alimentando così impropriamente le sue entrate. b) gli interessi passivi sul debito con l'Inps (a pareggio dei conti) al saggio per il 2008 del 4,463%, pari ad oltre 70 milioni di euro. L'aliquota è imposta dall'Inps, nell'inedita veste di banchiere, con riferimento ai mercati finanziari, ma un ente pubblico che non applica, al suo interno, il saggio legale di interesse si commenta da sé. Ma anche il saggio legale potrebbe apparire vessatorio, considerando che l'Inpdap, in analoghe situazioni, non può aggiungere oneri o interessi di sorta, per legge.