DUBBI
(1604-1605). In questi giorni, durante qualche intervallo tra un impegno e l'altro, l'ho seguita in tutto il suo svolgersi e mi sono, così, imbattuto nella battuta sopra citata pronunziata da Lucio, uno dei protagonisti (Atto I, scena IV). Si parla, dunque, del dubbio e lo si sferza per uno dei rischi che esso genera, quello dell'incertezza, dell'esitazione, dell'inerzia. Credo che tutti nella vita abbiano incontrato persone strutturalmente dubbiose: forse sono anche ricche di doti e di capacità, ma la morsa del dubbio, della pavidità, del sospetto le rende irrimediabilmente bloccate e sterili. Non conosceranno mai un amore coraggioso e sereno, non compiranno mai azioni importanti, non avranno mai il gusto del rischio della fede e lo stupore della scoperta. L'illusione di stare nella quiete le condurrà, in realtà, al grigiore e persino alla paura. Ci permettiamo, però, di aggiungere a questa notazione, suggerita da Shakespeare - certamente da meditare perché qualche seme di dubbio impotente alligna in ognuno di noi - una considerazione opposta. Sì, vorremmo fare anche l'elogio di un certo dubitare che rende meno arroganti, sicuri di sé e sbrigativi. «Chi più sa, più dubita», diceva papa Pio II, grande umanista. La vita è, infatti, delicata e complessa e non la si deve affrontare sempre a colpi di machete. Ci sono, perciò, due tipi di errori: dubitare di tutto e non dubitare di niente!