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Donne antiche, capaci di coltivare l'eterno

Maria Romana De Gasperi sabato 3 settembre 2011
Giacomo sposa Teodora, hanno cinque figli, di cui Giovanni sposa Valentina, anche loro hanno cinque figli. Tra questi c'è Luigi che sposa Domenica e fra i suoi sette figli uno si chiama Amedeo, che assieme a Maria genera quattro figli. Uno di loro è Alcide. Nessuno mi ha mai saputo dire com'era questa lontana Teodora dal nome antico e cosa pensavano dalla loro vita Valentina o Domenica. Donne di casa, naturalmente dedite alla famiglia, al pianto dei bambini, alle malattie dei nonni, forse a curare gli animali o semplicemente a lavare e stirare gli abiti del marito. E quando si trovavano tra loro nella piazza del paese, attorno alla fontana, di cosa parlavano, qualcuna sapeva leggere e scrivere? Quale di questi antenati ha regalato ad Alcide la propria intelligenza, la volontà, la forza delle proprie opinioni e la ribellione contro l'ingiustizia? È il mistero della natura che ancora ci affascina e nello stesso tempo ci lascia in fondo all'animo quella sospesa incertezza sulla validità del nostro vivere quotidiano. Le preoccupazioni di ogni giorno, le difficoltà che incontriamo nel lavoro, gli incontri negativi, gli impegni senza risultati sperati, le situazioni familiari difficili da gestire, tutto questo ha sempre fatto parte della vita di tutti, lo sappiamo. Ma il bene che questa gente antica si è scambiato, la pazienza che ha avuto, l'amicizia che ha riscaldato i loro giorni, i giochi d'amore che hanno dato luce ai loro occhi, nessuno ce li ha raccontati. In questa valle silenziosa dove tutto è verde e sole e ombra, mi pare che le loro vite siano ancora qui sparse nell'aria, le donne con i loro abiti lunghi di modesti colori, gli uomini chiusi negli abiti stretti di colore grigio. Cosa c'è nel mio sangue che apparteneva a Giovanni, a Bartolomeo, a Luigi? È come aprire la vecchia cassapanca sotto le scale dove sono conservati, non si sa per chi, i vecchi giocattoli, le carte da gioco, le maschere del carnevale che ai bambini di oggi non interessano affatto, presi come sono dalle meraviglie che la nuova tecnica ha messo loro in mano. Con pochi movimenti delle dita i nostri bambini, ai quali abbiamo tolto troppo presto l'innocenza, possono diventare costruttori di novità non solo per se stessi, ma anche sconvolgere i piani di chi è lontano come abbiamo visto fare solo per divertimento da questi piccoli geni del presente e del futuro. Li abbiamo lasciati soli troppo presto. Abbiamo letto giorni fa che si sta studiando come arrivare a raggiungere nella prossima generazione i 150 anni di vita. La difficoltà maggiore credo sarà quella di scoprire come impegnare gli ultimi 50 anni senza trovarsi in mezzo a un popolo di anziani incapaci. Bisognerà allora studiare come continuare a istruire l'intelletto, come curare l'anima, come riuscire a rinnovare per loro ancora la gioia di vivere che ha sempre fatto parte della giovinezza. Ma perché voler continuare all'infinito a vivere su questa terra quando ci lamentiamo di continuo, quando nel nostro conversare, nello scrivere, anche nel semplice comunicare con i vicini siamo più facili a parlarne male che bene? Perché non coltivare invece la curiosità di andare a vedere cosa c'è al di là del nostro universo?