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Don Sandri che visse povero tra i poveri

Gianni Gennari sabato 15 maggio 2021
Leggo: «A Arnaldo Gennari ricordo del suo fratello di fede G.S.». Dedica sulla prima de La storia di Gesù. Ricostruzione sul testo dei quattro Vangeli a cura di Giuseppe Sandri che ho tra le mani. Arnaldo era mio padre, e l'autore, Giuseppe, era un “povero” che ogni tanto, anni '40 e '50, ci arrivava in casa senza preavviso all'ora di pranzo, si sedeva a tavola con noi e poi se ne andava sorridendo. Parecchi anni fa monsignor Loris Capovilla mi parlò di lui come di un «santo», pur a modo suo, fuori dai canoni ufficiali, conosciuto da papa Giovanni e tra gli amici del grande don Giuseppe De Luca. Viveva come un mendicante girovago, sandali ai piedi nudi, capelli e barba incolti, sempre sorridente e sereno. Con papà, se c'era, parlavano di Vangelo, Chiesa e umanità, poi lui salutava e se ne andava sereno, come se camminasse verso il Cielo, parlando alla terra di Cristo e dell'annuncio di gioia e salvezza per tutti, a cominciare dai poveri e dai disprezzati… Ho saputo dopo che era un “prete”, amico di Roncalli e di don De Luca, grande letterato e ideatore dell'Archivio italiano per la Storia della pietà. Sandri era nato a Castel Viscardo, presso Orvieto, nel 1906, nel 1928 prete e impiegato in Vaticano nella Congregazione dei Seminari. L'incontro con De Luca cambiò la sua vita, aprendogli la passione assoluta per Gesù e per il Vangelo. Per qualche anno continuò il suo ministero nella parrocchia di Sant'Eusebio all'Esquilino confessando ogni giorno per parecchie ore. Tra gli anni '40 e '50 abbandonò il ministero ufficiale, ma continuando ad annunciare Gesù nel Vangelo soprattutto ai poveri in mezzo ai quali da allora visse fino all'ultimo. Ecco perché ogni tanto lo vedevamo salire da noi col bastone e i sandali. Capovilla mi ha ricordato che continuò ad incontrare ogni tanto Roncalli e gli altri amici preti vicini a De Luca. Aveva approfondito gli studi biblici e tradusse di persona i testi del Vangelo, pubblicando parecchi volumi per la Libreria Editrice Fiorentina, preziosi, pieni di saggezza sapiente, ma semplice, sperimentata e mai esibita, e anche di cultura autentica e modernamente tradotta per l'uomo della strada: lui lo era alla lettera, del resto. Di qui queste sue traduzioni dei Vangeli e san Paolo con il fascino doppio della chiarezza e della fedeltà al testo originale. Continuò così, don Giuseppe Sandri, sempre. Non aveva un carattere facile: esigente con i “vicini” e mansueto con i “lontani” e con i compagni di povertà. Parlando di lui don Giuseppe De Luca riassumeva tutto in tre punti: amore incondizionato per Gesù, fede fermissima nella presenza eucaristica di Cristo e fedeltà senza limiti al Papa, “il grande capo” della Chiesa, ma “senza frange, né toppe”. Dormiva in qualche scantinato, e quando alla sera lo si vedeva scrivere sotto un lampione si capiva che quella notte avrebbe dormito in un posto senza luce. Eremita invernale e itinerante in primavera ed estate. Capovilla mi ha raccontato che quando si ammalò gravemente – era a Pompei – i compagni di povertà che lo ospitavano lo portarono in ospedale e lui morente chiese il Viatico e l'Unzione, ma al cappellano che gli voleva ungere il palmo delle mani con l'olio degli infermi offrì il dorso, e non il palmo, dicendo che lì, sul suo palmo, c'era già l'unzione santa, perché era prete romano, e come tale voleva morire: era il 30 marzo 1985. Bella compagnia: Roncalli, De Luca e Sandri. Santità cristiana e sacerdotale… Diversi ma fratelli veri, sono tra i “santi” che ho incontrato anch'io. C'è speranza per tutti, allora: di santità vera e come tale riconosciuta sempre dal “Padrone della Ditta”, che tutti ha creato e tutti ci attende. Tutto è grazia!