Don Bosco provvidenza per la Chiesa e il mondo
Ha incontrato re, papi, vescovi, politici, affaristi, banditi, ma occupandosi soprattutto di ragazzi. Quella mania di mandare i ragazzi a scuola, dicevano, sottraeva ai padroni braccia preziose. Ecclesiastici e laici gli fecero guerra: il suo vescovo, Gastaldi, lo portò invano anche al tribunale papale, a Roma. Roba da matti: una volta gli prepararono sul serio il posto al manicomio. Lui li beffò ridendo. È un sognatore, dicevano. Già! E qualche suo sogno è famoso. A fine 1854 scrisse al re Vittorio Emanuele che in sogno aveva visto «grandi funerali a corte». In un mese morirono la madre del re Maria Teresa, il 12 gennaio, la moglie, Maria Adelaide, di 33 anni, il 20 gennaio, e il suo unico fratello Ferdinando, l'11 febbraio. Parlava dell'importanza dei sogni, quando Freud e Jung erano ancora in mente Dei. Gli dicevano che faceva miracoli, e replicava ridendo: «No, mi fido solo di Dio, e della buona gente, ma lavoro senza paura di sporcarmi le mani». Perciò sfidava i pregiudizi laici e clericali, spesso identici. E così voleva che i suoi seminaristi studiassero insieme con i ragazzi poveri, e che innanzitutto imparassero un mestiere normale, come tutti. Del resto lui era il primo, per loro: facchino, muratore, falegname, catechista, persino saltimbanco e prestigiatore.
Nel 1849 fondò un giornale popolare: allora non ci pensava nessuno. Intuì l'importanza dell'emigrazione e spedì subito i suoi preti con gli emigrati chiamandoli “Salesiani” in memoria di san Francesco di Sales e suscitando ire borghesi con scuole per i poveri, ma anche laboratori e fabbriche: affarista - strillavano - e demagogo! Però Cavour lo riceveva su due piedi e per Urbano Rattazzi, massone e laico di ferro, don Bosco è stato «la meraviglia delle meraviglie del secolo XIX». Lo dicevano anche clericale, perché scrisse e proclamò che non era un bene che l'Italia fosse fatta in opposizione al Papa, fu duro con la massoneria e polemizzò molto con i valdesi. Uomo del suo tempo, compresi difetti e lentezze: ecumenismo e tolleranza erano lontani.
Morì a Torino il 31 gennaio 1888. Insomma: troppo libero per i cattolici bigotti e clericali, troppo cattolico per gli anticlericali, troppo demagogo per i borghesi, troppo filo operaio per i padroni, troppo conservatore per i rivoluzionari, troppo dalla parte dei giovani per i benpensanti, troppo imprevedibile, troppo disinvolto, troppo singolare per vescovi e preti, capace di mettere in crisi il loro quieto vivere. A pensarci bene: oggi un po' anche il nostro.