Rubriche

Documenti muti

Roberto Mussapi giovedì 21 settembre 2023
Gli uomini della preistoria ci hanno trasmesso una serie di documenti di cui dobbiamo decifrare il messaggio, scrive Julien Ries, il grande storico delle religioni. I paleoantropologi - esperti di una disciplina nata a metà del Novecento, giovane e geniale, che abbina lo studio dell’archeologo a quello dell’anatomista e biologo - indagano questi documenti alla ricerca del nostro passato. Il messaggio consiste in ossa, scheletri, crani, utensili di pietra, tombe, ocra rossa, arredamenti funerari, incisioni su pareti e pitture rupestri. «È una documentazione muta - scrive Ries - dal momento che i gesti, le parole e le idee religiose non sono materie fossilizzabili». Ma questa considerazione non deve affatto spingerci a lasciare in bianco i millenni della preistoria, perché l’analisi della documentazione archeologica fornisce agli storici delle religioni la convinzione che l’homo faber, fosse anche un homo simbolicus e un homo religiosus. È, questa di Ries, un’intuizione e scoperta fondamentale per la conoscenza di noi stessi: l’uomo che impara a usare le mani non è solo faber, ma è un essere già simbolico, e quindi religioso. La maggior parte dei documenti sono nelle tombe: un rito, quindi, che rivela la percezione di un aldilà. La religione è innata, è nel nostro dna, come la poesia. © riproduzione riservata