“Non di solo pane vive l'uomo” assume nel tempo valenze inimmaginabili a priori, mutanti e mutevoli a rimarcare che il pane è indispensabile ma non basta, non può bastare.“Il pane e le rose”, titolo di una rivista della mia giovinezza, segnò il passaggio da una pretesa politica rivoluzionaria circa i mezzi di produzione ad una altrettanto velleitaria circa i beni di consumo. L'enunciato resta un buon proponimento: coltivare il grano e farne pane, coltivare le rose in varietà odorose a profumare l'aria. Potrebbe anche essere la giusta pena per reati minori, riducibile in base alla fragranza, al profumo ottenuto.Sempre alla mia giovinezza è riducibile una frase ad effetto che sentenziava: — ad un cristiano (scontato il pane) serve la Bibbia ed un giornale quotidiano —. Non so da dove esca, non riesco a liberarmene. A quel tempo del mio ateismo facevo bandiera, non mi serviva la Bibbia e dei giornali si diceva fossero la voce del padrone o dei suoi servi prezzolati. Ora che un giornale non si nega a nessuno, se non cartaceo che risente di avverso clima, certo online, web, social … considero la Bibbia, oltre che il testo sacro, una acquisizione genetica e tutti i giorni mi leggo sull'Avvenire. C'è una quota di sarcasmo, lo considero divino, nella mia vita come in quella di ogni uomo.