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Diventare eterni

Alberto Caprotti domenica 20 ottobre 2024
Cosa vuol dire diventare eterno, io l’ho capito il 17 luglio 1994. Non vorrei sembrare blasfemo, ma insomma certe volte bisogna capirsi. La finale era Italia-Brasile, lo stadio quello di Pasadena, California, e ricordo che in tribuna faceva un caldo cane, figuriamoci in campo. Quando Roberto Baggio ha sparato la palla dell’ultimo rigore due metri sopra la traversa, è lì che ho capito. E in un istante ho realizzato che non c’è salvezza, non c’è rimedio contro l’errore. Non ci sarà mai. Che continuerò a dire la cosa sbagliata al momento sbagliato, a non fare l’unica cosa che dovrei fare, a imboccare quel senso unico pur sapendo che sarei andato contromano, a restare seduto quando dovevo alzarmi, ad aver paura sempre della stessa cosa anche quando mi ero convinto a non temerla più, a mangiare
i funghi anche se sono allergico. Non c’è niente da fare. Se Baggio tira alle stelle un rigore e ci condanna alla sconfitta, proprio lui, dopo aver giocato un Mondiale da favola, perché uno qualunque come me non dovrebbe sbagliare? Puoi applicarti, studiare, comportarti bene. Ma poi è lì, due metri sopra la traversa che il pallone finisce. L’errore annulla il passato, azzera il tempo. Ecco cosa riesce a spiegarti il calcio. Che quando sbagli, nel preciso istante in cui lo hai fatto, diventi eterno. Roberto Baggio quel giorno lo è diventato. E nel mio piccolo, io pure. © riproduzione riservata