Divenire beati al tempo della Rete: Chiara e ciò che necessario non è
Cioè della «storia di Chiara fraintesa, male interpretata, usata, raccontata in libri, musical, film, documentari, fumetti o altre forme», e poi delle «foto» di famiglia, e altrove, nel sito, delle parole «che Chiara non ha mai detto». Percepisce, molto lucidamente, che la moglie è un «personaggio pubblico», e tuttavia non si colloca sul piano dei «diritti». Fonda la sua richiesta di controllo soprattutto sui riflessi che tale immagine, se abusata, riverbera, inevitabilmente, su di lui e sul figlio Francesco, che personaggi pubblici non sono e non vogliono essere.
Parte dal suo «dolore»: pone una questione morale, non legale, quando spiega che il figlio «"crescerà e avrà tante domande che avranno bisogno di sante risposte», e che egli stesso, se vede la foto della «moglie che ha appena partorito e abbraccia Davide Giovanni che è appena morto», non pensa, come noi, a «una donna che abbraccia un bimbo», ma rivive «una gioia e un dolore che molti non hanno sperimentato». Chiude dunque con la richiesta di «fidarsi» che le cose di Chiara messe a disposizione dai familiari sono quelle «necessarie», e dunque di accogliere il dono che ci è stato fatto così come ci è stato fatto, meravigliandoci insieme a lui «per quest'opera che si sta ancora compiendo». Io mi fido.