È dal coraggio, che si misura la grandezza di certi artisti: magari dal coraggio di cantare Dio nell'ambiente del pop che si picca di essere senza Dio, e di farlo guardando in faccia la realtà, pure fra le pieghe di un disco di successo. I cui testi, in fondo, parlano da soli. Album Lacrime, anno 1992, interprete Mia Martini: canzone, Dio c'è. «Non ci sono più valori, no, il desiderio del denaro ci guida come un gas… Dio, chi ci crede più? Occhi al cielo, suole al suolo, amore come vedi la morte delle idee? Non lascia buoni eredi... C'è bisogno di un sogno, in questo mondo senza uscite, in questa lebbra edilizia, in questo mondo di falsi idoli che mostra i muscoli… Dio c'è! Che ti bussa per lavarti i vetri, guarda fuori, c'è qualcuno che ha bisogno, non siamo soli! Tu gridalo sui muri! Dio c'è, proprio lì davanti, dove non lo vedi, fra gli indifferenti e i violenti, baby, Dio esiste! Nonostante questo nero Dio resiste… Dio c'è, non è morto, resiste, è risorto, gridalo sui muri, Dio c'è!». È soltanto una canzone, certo: che però scuote, aprendo prospettive inattese e coraggiose. Come il canto della più grande interprete italiana di sempre, Mia Martini detta Mimì, grande anche perché sapeva osare. Che riusciva a far vibrare nella sua voce le gioie, le paure e soprattutto il bisogno d'amore che, dentro di sé, ogni donna e ogni uomo custodisce.