Mi scrive un amico di Facebook da Bogotà: «Cosa mi dici di Mihajlovic? Resta o va? Berlusconi cambia idea tutti i giorni, si vede che ha già in testa qualcun altro...Donadoni? Chi è, chi sarà l'allenatore del Milan?». Gli ho risposto - vista la lontananza della Colombia dalle nostre cronachette - con frasi di circostanza. A voi lettori vicini informati dei fatti posso dare una risposta...politica, perché è come se mi chiedeste qual è il candidato di Berlusconi a sindaco di Roma, e la chiudo qui per non sconfinare. E dunque, nel trentennale del suo regno rossonero il Cavaliere non riesce a nascondere un sentimento prorompente, un moto irresistibile dell'anima: avere alla guida della sua più cara riserva di bei ricordi un tecnico davvero “da Milan”, ad esempio un Capello col quale conversare di tecnica e sentimento rammentando i bei tempi andati e confrontandosi sui tempi correnti. Ma Capello dice no. Il Sinisa (già il nome...) è sicuramente quel che serve nei giorni difficili per correggere gli errori compiuti nel voler imporre un Milan Style, prima col Professor Seedorf, poi col Balilla Inzaghi; il serbo è un sergentone che va dritto per la sua strada senza chiedere consulenza dall'alto, curando la sua squadra come vuole, rimodulandola settimana per settimana rifiutando ad esempio il recupero di El Shaarawy (accusato di curar troppo la cresta), infliggendo ripetutamente i quattro umilianti minuti al Balotelli perché la cresta l'ha alzata fin troppo e non ne sopporta manco la presenza (forse l'unica idea in comune col Capo): insomma dichiarandosi e mostrandosi indipendente, pronto a gridargli «Che fai? Mi cacci?!». Pardon, m'è scappata, può sembrare una cattiveria ma in verità se c'è una cosa irrimediabilmente berlusconiana è il Milan che ha fortissimamente voluto quand'era un fallimento e che ha ricostruito, fino portarlo ai trionfi mondiali, con la sua testa, le sue scelte, il suo stile, la sua etica e estetica, la sua volontà, fino a farne un capolavoro che solo dopo trent'anni mostra qualche ruga e difficoltà. E dunque faccia quel che vuole, Silvio. Donadoni sarebbe una soluzione nobile, un mettere insieme, dopo tanti anni di inspiegabile lontananza, lo stile Milan, appartenente a entrambi così come una comune estetica pedatoria, una concordia di intenti e, se il Cavaliere permette, un rispetto dei ruoli che non sarebbe mai un dispetto ma una serena collaborazione fra creativi. Piacerebbe anche a Galliani, Donadoni? Non so. A Barbara? Sicuramente. E anche a Piersilvio, e a Marina, controllore del futuro. Pace in famiglia. Amen.