Coronavirus. L'Italia sul binario
Parole in libertà, in giorni senza libertà: chiusi per virus, non possiamo fare. Ma possiamo continuare a pensare…
Giorno 31
Viviamo su un binario, allibiti e scossi. La rissa e la Via Crucis, le accuse e la preghiera, la tv che urla e chi muore in silenzio. Non è difficile capire da che parte stare. Ma i toni sono talmente diversi che a volte mi chiedo se questo è un Paese solo, o ce ne sono due. Due come le verità, due come le date per riaprire. Due (purtroppo) anche come i clienti delle librerie, ma chissà perché talmente essenziali da farle ripartire per prime.
I numeri, nel loro piccolo hanno sempre un senso. E anche i numeri, come le formiche, ogni tanto, si arrabbiano. Tanti dicono: c’è troppa gente che va in giro senza un valido motivo, per forza che poi il contagio resta forte… Probabilmente questa è la realtà percepita, ma è anche l’unica giustificazione che può spacciare chi non ha spiegazioni alternative da dare. La frenesia delle uscite pasquali in questo fine settimana mi smentiranno, ma sinora in un mese sono state 230mila le persone denunciate per essere state trovate per strada senza una comprovata e consentita motivazione. Tante, in assoluto. Ma solo se non si considera il numero dei controlli, più di 6 milioni. Di cosa stiamo parlando allora? Di meno di 4 cretini su 100, una media sufficiente a far scuotere la testa, ma non a rovesciare indignazione sul genere italico. Che invece, credo, in questa emergenza deprimente si sta dimostrando molto migliore di quanto ritenga di se stesso.
Penso alle signore che cuciono gratis le mascherine per i volontari, alle aziende che si riconvertono, a quelle che continuano a pagare gli stipendi ai loro operai anche se non lavorano, ai ragazzi che partecipano alla spesa solidale. Penso al cestino calato nei vicoli di Napoli con la scritta: chi può dia, chi non può prenda. Penso ai cento e più preti morti sinora (lo stesso numero dei medici) per aver assistito gli ammalati, senza far rumore e senza che nessuno li chiami eroi. Penso a chi regala le orchidee che non può vendere, a chi anticipa i soldi di acquisti futuri ai negozianti chiusi, e a chi ha inventato una app per rendere tecnologica questa pratica. Penso a chi da un mese è obbligato a stare a casa quando la sua casa è una galera, cioè al 30% delle famiglie di questo Paese che (dati Istat) vivono in condizioni di sovraffollamento estremo, chiusi in quattro o cinque in bilocali senza balcone. Penso ai quasi due milioni di questi nuclei che versano in condizioni di indigenza assoluta, eppure non assaltano i supermercati, non protestano, ma si arrangiano come possono, e aspettano che passi per tornare a vivere la loro dignitosa povertà senza altre costrizioni.
Mentre c’è un’Italia che litiga e si insulta, ce n’è un’altra responsabile, profonda e obbediente, fatta di italiani che meritano un elogio non solo per la loro pazienza, ma anche per l’energia creativa che adoperano nel dare una mano a se stessi e allo Stato. Sarebbe ora di parlarne, di sottolinearla più e meglio di quella che invece ci dipingono, cinica e incosciente, perennemente ladra. Forse è proprio vero, come scriveva Leo Longanesi, che siamo dei buoni a nulla capaci di tutto. Ma, tranne le inevitabili eccezioni, in fondo siamo ancora e in stragrande maggioranza soprattutto quelli: brava gente, su un binario impazzito.