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Coronavirus. Vieni avanti decretino

Alberto Caprotti sabato 21 marzo 2020

Parole in libertà, in giorni senza libertà: chiusi per virus, non possiamo fare. Ma possiamo continuare a pensare…

Giorno 10

No, non va tutto bene. Non va bene perché non mi fanno capire, e capire è indispensabile per aggrapparsi, per uscire da questo stato dove il tempo e lo spazio non esistono più. Non mi fanno capire perché dovrei prendermela solo con chi va a correre, anziché con un Paese che, dopo un mese dal primo caso di positività a Codogno, ancora non riesce a procurare le mascherine a tutti i medici e agli infermieri. Non capisco cosa vuol dire che si può portare fuori il cane, ma “solo vicino a casa”: non so cosa si intende per “vicino”, e non saprei spiegarlo al mio cane se ne avessi uno. Non capisco cosa voglia dire che è obbligatorio stare a casa, ma se proprio devo uscire “deve essere per un tempo limitato”. Purtroppo possiedo una coscienza sola, e funziona a cuore e cervello, non va a orologeria: “limitato” vuol dire dieci minuti, venti, trenta? Sembra un dettaglio, invece ho bisogno di saperlo per attaccarmi alle regole: mi danno sicurezza in un mondo che non le ama da mai, e sposa sempre le eccezioni.

Pensavo fosse già stato vietato dalla logica, e in maniera totale, invece oggi scopro che non si può andare alla casa al mare o in montagna, ma solo dal venerdì al lunedì. E vorrei capire perché, possibilmente prima che un decreto mi faccia diventare un decretino. Ho bisogno di certezze, anche piccole, anche imposte senza che mi piacciano, quando tutto, ma proprio tutto, è incerto. Ho bisogno di non cedere al sospetto che gli uomini che con grande impegno stanno provando a gestire questa emergenza ingestibile non si facciano capire proprio perché temono di essere capiti.

Vorrei poter comprendere che esiste una fine, e che sappiamo come raggiungerla. Vorrei una data, anche lontanissima, anche finta, da segnare sul calendario. Vorrei poter contare i giorni come quelli che mancavano all’alba a militare: lo spazio si accorcia solo se lo puoi misurare. Vorrei soprattutto una voce sola e forte da ascoltare in mezzo a mille pareri. Vorrei un vaccino, ma contro le idiozie: un silenziatore da usare per chi non ha vergogna di parlare senza competenza. Vorrei qualcuno che non mi dica che rimanda certe scelte drastiche “per non alterare la tenuta emotiva del Paese” mentre intorno a me e dentro di me l’unica attività fisica che si può ancora praticare liberamente è quella degli sbalzi d’umore. Vorrei capire se posso ancora dire che sì, forse va tutto bene.