Guardando dritto nell'obiettivo della macchina da presa, Pietro, 13 anni, spiega che i due che litigano alle sue spalle sono i suoi genitori, «sempre impegnati a farsi la guerra». In queste inquadrature iniziali c'è già molto di quello che Di4ri, nuova serie sui preadolescenti, intende sviluppare dal punto di vista di cosa rappresentare e di come rappresentarlo, ovvero da subito ci dice che racconterà dei problemi di questi ragazzi (di cui la famiglia, soprattutto quando i genitori non vanno d'accordo, è uno dei principali), lo farà dal loro punto di vista, parlando quando necessario direttamente al pubblico, quindi non confinandolo nel semplice ruolo di spettatore, bensì coinvolgendolo nella storia. In questo modo Simona Ercolani, con la sua casa di produzione Stand By Me, continua meritoriamente a scavare nel mondo dei giovanissimi per rappresentarlo con semplicità mai banale in tv. Dopo serie come Sara e Marti (in cui già si sfruttava la tecnica della fiction con elementi del reality) o come Jams, ecco ora sulla piattaforma di Netflix questo Di4ri, che narra le vicende di un gruppo di ragazzi di seconda media che vivono a Marina Piccola, ipotetica località su un'isola non meglio identificata (anche se poi i non pochi scorci da cartolina permettono di riconoscere che la serie è stata girata a Ischia). L'importante resta l'idea di isola come microcosmo in cui i ragazzi si muovono, ma anche come propensione a isolarsi, mentre ognuno di loro, a turno, diventa l'io narrante, che racconta del primo bacio, del valore dell'amicizia, della passione per lo sport, del bullismo, della separazione dei genitori, ma anche, in un caso, della scoperta della propria omosessualità. Il tutto raccontato, sotto la guida del regista Alessandro Celli, con molta naturalezza e in modo inclusivo.