Ci arriva da lontano in due volumetti della collana “bianca” Einaudi l'edizione delle poesie di Guido Gozzano curata nel 1973 da Edoardo Sanguineti, già ristampata nel 1990 (pagine XII+444 complessive, euro 22,00). Sanguineti, che è stato uno dei più autorevoli, forse il più intricato, complesso, a volte troppo coerente, a volte contraddittorio, teorico italiano della neoavanguardia anni Sessanta, è stato anche un appassionato lettore e studioso del poeta torinese. La monografia che dedicò a Gozzano (1966) resta tuttora uno dei testi critici più esaurienti e acutamente dialettici sul maggiore dei “crepuscolari” italiani, che risulta anche uno dei nostri poeti novecenteschi più leggibili, più recitabili, più gustosamente e intelligentemente parodistici. Sanguineti lo definì subito «borghese onesto» a causa della sua consapevolezza lucida e sofferta della crisi di una società e di una cultura.Gozzano usò la poesia come artificioso congegno tradizionalistico per mettere in scena, con tanto di colorite scenografie, la sua passione per ciò che è storicamente superato, nonché la malinconia del personaggio-poeta che è lui stesso. Parlò di sé come di un uomo dall'«anima corrosa», a cui «un riso amarissimo [...] torce senza tregua la bocca».Sanguineti, amando Gozzano, mostra il suo acume di critico, eppure lascia perplessi, perché Gozzano è stato all'inizio del Novecento (morì nel 1916 a trentatré anni) il meno avanguardistico, con Saba, dei poeti: del tutto privo di quel culto del presente e del futuro che caratterizza ogni avanguardia. L'avanguardia si chiama così perché corre in avanti, vuole arrivare prima degli altri, occupa e sequestra il futuro. Gozzano invece fa uno o due passi indietro, torna a fine Ottocento, non sacrifica nulla sull'altare del Novecento, secolo della modernità a tutti i costi. È un poeta figurativo, nemico delle astrazioni e delle sperimentazioni metaforiche. Scrive in versi regolari e rimati delle ironiche e sentimentali novelle tardo romantiche: «anziché fabbricare il moderno destinato all'invecchiamento» (scrive Sanguineti nell'introduzione) «fabbrica direttamente l'obsoleto, in perfetta coscienza e serietà». E aggiunge che per Gozzano «ciò che è di moda» è già démodé.Magnifico. L'avanguardista Sanguineti valorizzando l'autocoscienza storica di Gozzano, formula una perfetta critica dell'avanguardia, produttrice di mode.