Di istinti e di istanti, non distinti e distanti
Quanto ti desideravo, quanto ti ho aspettata, e quanto mi hai reso felice. Hai davvero cambiato la mia vita, ingigantito i miei confini portandomi per mano dove non credevo, hai aggiornato la lista dei colori che conoscevano i miei occhi, e istruito il mio naso, con odori e posti che non aveva mai incontrato. Mi hai insegnato che amare non è sopportare, che accontentarsi non è vivere, che occorre sempre trovare una meta insieme anche se quando parti nemmeno sai quale possa essere. Tu, fedele e sicura, sei stata il simbolo della vittoria, perché la paura, quella più grande, di non essere capace di guidarti nelle difficoltà degli anni, quella mi hai aiutato ad affrontarla e a superarla. È stata la cosa più bella che tu potessi regalarmi, e che io potessi regalare a me stesso.
Anche se non basta un alfabeto ripetuto mille volte per dire tutto, oggi voglio scriverti questa lettera. Per dirti grazie. Che è una parola magica, perché quando la pronunci tutti ti sorridono. Grazie di esistere, grazie di resistere e di non fermarti mai. Anche quando ti ho chiesto troppo, anche quando ti ho lasciata sola perché ero altrove. Infedele mai, ma spesso distratto da altri percorsi, stupidamente illuso che ci fossero altre possibilità. Mi sbagliavo, e infatti correvo sempre per tornare a starti addosso. Così, ora che so quanto sei importante, quando penso alle cose preziose che ho, ti conto sempre due volte.
Momenti difficili ce ne sono stati, certo. Ti fermavi ogni tanto, imbronciata, quasi sempre senza un perché. Magari eri solo gelosa della libertà che mi hai dato. Tanta, troppa. Vedevi che mi riempiva gli occhi, e mi gonfiava il respiro. E per questo ti vendicavi così, spegnendoti. Immobile e capricciosa. Per ricordarmi che per ripartire insieme servivano più attenzioni, più cura, più affetto. Però non abbiamo mai corso troppo, niente follie, non ce n'è mai stato bisogno. Ancora oggi sei aria, sole, spazio, orizzonte, traguardo. A piedi cammino, in macchina viaggio. Con te, senza pensare, sogno. E posso perdermi con lo sguardo fino a tardi, fino a lontano.
A volte penso con tristezza al giorno in cui tutto questo finirà. Come sarà quel momento inevitabile, lunghissimo e definitivo, come potremmo disegnare un futuro in cui disimpararci a vicenda. È incredibile come basti un secondo per dirsi ciao e a volte non basti una vita per dirsi addio. Ma l'addio, quando arriva, è per sempre, non ammette retromarcia. Il motore si spegne e la fiamma non si riaccende più. Non puoi più nemmeno spingerla quella storia, non esistono più discese, scorciatoie, navigatori che possano salvarti. Però non è giusto cedere all'angoscia: preferisco sorridere, sapere che saprai lasciarmi. O che io sarò abbastanza forte per lasciare andare te senza smettere di credere che l'infinito sia una strada bianca e interminabile. Intanto mi consolo, vivo, e mi ripeto che è sempre meglio amare e perdere, piuttosto che perdersi la gioia di aver amato.
Grazie allora, grazie di quello che mi hai dato e di quello che ancora vorrai darmi: eri, sei e sarai per sempre la mia motocicletta. La mia Vespa bianca che mi porta l'estate addosso, il vento in faccia e un rumore nel cuore che distinguerei tra un milione di altri.