Democrature di sabbia (e soldi) nel Sahel
Il rapporto sulle democrazie prende in considerazione cinque categorie di valutazione e pone al primo posto i processi elettorali e il pluralismo. Seguono poi il funzionamento del governo e la partecipazione politica. In ultimo, ma non con meno importanza si citano la cultura politica e le libertà civili. Un terzo della popolazione mondiale, soprattutto per la Cina, vive sotto regimi autoritari. Il rapporto in questione classifica i governi sotto quattro tipologie. Le democrazie sane, quelle malate o finte, i regimi ibridi e quelli autoritari. Secondo questa documentazione, i risultati dei Paesi subsahariani
sono da considerare i più bassi dal 2010. Così come in America Latina, dunque, anche in Africa si potrà parlare di "decennio perduto". Casuale o causale che sia, vari di questi Paesi sono sotto una perfusione permanente di "sostegni" da parte della comunità internazionale. Il Niger, ad esempio, è il Paese più aiutato dall'Unione Europea. Appena qualche giorno fa, il presidente della Repubblica ha ricevuto la responsabile della delegazione Ue in Niger, Ionete Denisa-Elena. La signora ha confermato l'impegno europeo nell'ambito della sicurezza e dello sviluppo in modo da aiutare i Paesi del Sahel a contrastare la minaccia terrorista. La Ue continuerà altresì a sostenere l'iniziativa detta delle 3 N, e cioè l'impossibile velleità che vorrebbe i Nigerini Nutrire i Nigerini. Lo stesso impegno è offerto dall'agenzia americana Usaid che, tramite tre grandi reti di assitenza, offrirà 153 milioni di dollari per azioni di sviluppo della sicurezza alimentare nell'arco di cinque anni. I fondi dunque, quelli citati e molti altri legati al subappalto nella gestione delle migrazioni "irregolari", vanno a beneficio di un governo definito autoritario dall'indice delle democrazie mondiali. L'aiuto economico sostiene, direttamente o meno, l'attuale regime di democratura e dunque si propone come complice dell'orientamento attuale del sistema.
Rimane l'altro fattore interessante da esaminare, sull'alto tasso di fiducia espresso da molti cittadini dell'Africa subsahariana nei confronti dei capi religiosi. La fiducia popolare, per esempio, raggiunge il 90% in Senegal e più dell'80% in Niger e Burkina Faso. Altri Paesi, come la Tunisia sembrano più scettici. La conclusione potrebbe apparire paradossale. Le democrature rendono più agevole l'azione e il radicamento del terrorismo. Profittano, per sostenersi, dell'aiuto economico internazionale che facilita la corruzione e si avvalgono, infine, di complicità religiosa all'interno. Solo un dio di sabbia potrà salvarci. E nessuno tiri più in mezzo Dio.
Niamey, febbraio 2020