Déjà vu
Non c’è bisogno di essere superstiziosi per avere paura di un gatto nero.
Neo sta muovendo i primi passi in un mondo del quale sa ancora pochissimo. Una realtà simile alla nostra, solo che non è reale, ma simulata dalle macchine per sottomettere il genere umano. Il gigantesco inganno di Matrix – il film di Lana e Lilly Wachowski che nel 1999 impresse un nuovo corso alla fantascienza – trapela in rare occasioni, una delle quali è rappresentata appunto dal gatto nero che Neo vede passare attraverso il vano di una porta.
L’animale si ferma, si scuote arruffando il pelo e poi procede. Fin qui niente di strano. Pochi secondi dopo, però, la scena si ripete identica, strappando a Neo (interpretato da Keanu Reeves) un commento tanto laconico quanto innocente, almeno nelle intenzioni: « Déjà vu» . Per i suoi compagni è un segnale d’allarme.
La duplicazione alla quale Neo ha assistito è un baco di sistema, che si manifesta quando l’insondabile Matrice rielabora i dati in maniera inconsueta. Quello che accade subito dopo conferma l’esattezza di questa interpretazione: agguati, fughe, sparatorie. Nello spettatore, però, rimane impressa l’apparizione di quel gatto che fa le fusa per sé stesso, comparsa incolpevole convocata per fare da custode alla soglia che separa la realtà dal suo simulacro.