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De Foucauld, un santo "euromed" a Firenze '22

Gianfranco Marcelli martedì 15 giugno 2021
La canonizzazione del beato Charles de Foucauld, annunciata nel concistoro del 3 maggio scorso, si svolgerà non appena la pandemia consentirà una partecipazione internazionale e di popolo adeguata all'evento. In concreto, la cerimonia potrebbe cadere nei mesi finali dell'anno o al massimo a inizio 2022. E se così avverrà, il nuovo santo e "fratello universale", come l'ha definito Papa Bergoglio sulla scia di quanto affermò Benedetto XVI durante la beatificazione del 13 novembre 2005, potrebbe a buon diritto figurare, accanto a Francesco d'Assisi, come patrono e protettore del prossimo vertice delle Chiese del Mediterraneo, in calendario a Firenze verosimilmente tra febbraio e marzo prossimi. Poche figure religiose possono in effetti vantare uno spessore "euromed" come quella del visconte alsaziano classe 1858, già gaudente e agnostico ufficiale di cavalleria, già esploratore e brillante geografo dell'Atlante marocchino, entrato in conversione sotto la cupola parigina di Sant'Agostino, in seguito trappista tra Francia, Algeria e Siria, poi giardiniere-factotum delle monache clarisse di Nazareth, successivamente ordinato sacerdote dopo un breve soggiorno romano, da ultimo eremita per scelta nell'Hoggar algerino e infine ucciso nel cuore del suo amato Sahara il 1° dicembre 1916, a Tamanrasset. Attorno alle rive del nuovo "grande lago di Tiberiade", come lo definiva Giorgio La Pira, fratel Carlo di Gesù ha scoperto e maturato la sua vocazione. Lui che era figlio convinto della Francia colonialista, lui da sempre soggetto a impulsi guerrieri (ancora allo scoppio della Grande guerra del 1914, quasi si rammaricava di non poter essere a fianco dei suoi commilitoni di un tempo), lui è un europeo che, come pochissimi altri in epoca contemporanea, più ha saputo entrare in dialogo di amicizia e di pace con l'Islam, ricevendone in cambio stima e venerazione e lasciandoci anche opere mirabili tradotte dalla lingua tuareg, che aveva appreso perfettamente. Il suo è un esempio impressionante di quella che potrebbe definirsi "inculturazione del cuore", coltivata forse in modo inconsapevole durante gli anni nascosti di meditazione in Terra Santa, sulle orme del Signore non ancora uscito allo scoperto nella sua missione di salvezza. Proprio nei luoghi dove il dialogo fra popoli e religioni del Mediterraneo mostra la sua drammatica precarietà, l'intercessione del nuovo Santo potrebbe – perché no? – propiziare quella svolta che la politica di potenza o la diplomazia da bilancino ricercano invano da quasi un secolo. Il solco tracciato da De Foucauld è lo stesso sul quale si è innestato il Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune, firmato ad Abu Dhabi il 4 febbraio di due anni fa. E non certo per caso Papa Francesco ha richiamato ampiamente la sua testimonianza nell'enciclica "Fratelli tutti". Del resto, la parabola spirituale che ricondusse il giovane "libertino" al cristianesimo dei padri cominciò a maturare proprio osservando la fede semplice e mite dei musulmani tuareg, il loro abbandono silenzioso alla volontà di Dio, capace di risvegliare nel suo animo la perduta nostalgia di infinito. I vescovi e i patriarchi del prossimo "G20" ecclesiale, ma anche i sindaci delle città mediterranee che a Firenze, in parallelo con loro, si riuniranno all'insegna della comprensione e dell'ascolto reciproco, sanno fin d'ora di poter contare sulla sua fraterna protezione.