Il futuro dell'agricoltura potrebbe davvero essere nella produzione di energia? Perché, certo, i prodotti tipici, la bontà dei vini, la salubrità degli alimenti, le loro condizioni ottimali, il benessere degli animali, il traguardo dell'equilibrio della nostra bilancia dei pagamenti, sono tutti temi di forte importanza per i produttori e i consumatori, ma il vero orizzonte a cui guardare potrebbe essere ancora diverso. Quello - appunto - della produzione di energia.
Per il suo raggiungimento, d'altra parte, non sembra tanto mancare la capacità tecnica, quanto la volontà politica. Stando alle notizie messe in circolazione in vista dell'edizione 2006 di Eima - la più importante rassegna sulla meccanizzazione agricola che presto aprirà i battenti a Bologna - sarebbero infatti solamente 40 i centesimi che ancora separano il costo di produzione di un litro di gasolio dal costo dell'olio combustibile ricavato da soia e girasole; e sono ancora 40 i centesimi di differenza fra un litro di benzina ed un litro di etanolo distillato da colture come il sorgo oppure il topinambur.
Una constatazione sorprendente che, tuttavia, ha alla base un solido ragionamento tecnico. Il costo di produzione del gasolio - secondo i dati dell'Itabia, l'Associazione nazionale che riunisce gli esperti di biomasse - è pari a 50 centesimi per litro, quello dell'olio vegetale è di 90, il costo della benzina arriva a 45 centesimi quello dell'etanolo a 85. Il problema è che sui combustibili d'origine petrolifera lo Stato impone accise ed Iva pari tra i 60 e i 75 centesimi sulla base del tipo di carburante. Ovvio che in questo modo benzina e gasolio verdi sono fuori mercato. Ma - è il ragionamento dei tecnici - se lo Stato fosse disposto a rinunciare ai 45 centesimi di accise per litro, vi sarebbero le condizioni per una diffusione su larga scala dell'energia «verde».
I risultati? Molti, alcuni di grande rilevanza. L'ambiente ne trarrebbe sicuramente beneficio. Le imprese agricole anche. Soprattutto in Italia dove la produzione delle cosiddette biomasse agricole è ancora ridotta ai minimi termini. Basta pensare che su circa 560mila ettari coltivate in Europa, solamente lo 0,05% è nel nostro Paese.
Insomma, è la politica che deve decidere che destino dare a questo comparto. E potrebbe farlo iniziando a mettere semplicemente ordine nella giungle di leggi e regolamenti che strozzano la crescita della produzione di biocombustibili. Certo, non tutta l'agricoltura potrà essere convertita in questa direzione. Ma, accanto ai grandi vini oppure a quelli novelli di cui proprio in questi giorni si celebra la gloria, accanto alla necessità di difendere le nostre etichette Dop e Igp, accanto alla sacrosanta voglia di prodotti genuini, può anche starci la voglia di voler fare il «pieno» alla propria auto con una benzina diversa da quella solita. Prospettive diverse, dunque, che indicano però quanto l'agricoltura sia davvero la rappresentante di un Pianeta verde complesso e multiforme, denso di risorse ma delicato da gestire.