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Dalle biomasse energia «nucleare»

Andrea Zaghi sabato 18 giugno 2011
L'equivalente in energia di tre centrali nucleari. In tempi di crisi non è cosa da poco, soprattutto se si pensa che questo risultato potrebbe arrivare dalle campagne italiane in dieci anni di sfruttamento delle biomasse, con il diretto coinvolgimento delle imprese agricole e senza causare danni al territorio e all'ambiente. Un triplo traguardo dal forte significato economico e, soprattutto, raggiungibile con un cammino che l'Italia è in grado di fare. Secondo uno studio presentato da Coldiretti, infatti, la produzione energetica potenziale complessiva dell'agricoltura al 2020 può raggiungere i 15,80 Mtep (milioni di tonnellate equivalenti petrolio). Si tratta della somma 4,3 Mtep prodotti attualmente dal settore con i 11,50 Mtep che potenzialmente potrebbero aggiungersi nei prossimi dieci anni. Il risultato è un contributo pari all'8% del bilancio energetico nazionale al 2020 (2,2% attuale più la quota di espansione potenziale del 5,9%). Un bel risultato al quale si raggiungerebbero anche i vantaggi ambientali. Sviluppando le fondi agricole rinnovabili, secondo i coltivatori, si potrebbero evitare emissioni paria a 26,37 milioni di tonnellate all'anno di anidride carbonica (CO2), con un impatto occupazionale al 2020 di poco meno di 100.000 unità.
Tutte bene, quindi, o quasi. Perché per arrivare allo sfruttamento di fonti energetiche di questo tipo, occorre fare ancora molta strada. Secondo Coldiretti, per esempio, per attivare questo processo è necessaria un "politica mirata", che, detto in soldoni, significa definire bene le procedure autorizzative, differenziare gli incentivi, semplificare e snellire i meccanismi, dare concreta applicazione ai provvedimenti già adottati. Tutto tenendo conto che anche dal punto di vista tecnologico si stanno aprendo nuove sfide: è necessario fare i conti con l'adattamento delle tecnologie degli impianti alle dimensioni ed alle strutture delle realtà produttive agricole e di allevamento nazionali, costituite essenzialmente da imprese di dimensioni medie e piccole.
Ma c'è anche dell'altro. Per i coltivatori, infatti, ci vuole anche equilibrio. L'Italia – secondo i produttori agricoli – è un Paese che ha conquistato nel mondo i primati nella produzione alimentare e nella bellezza paesaggistica, valori
che non possono essere messi in discussione da uno sviluppo senza regole delle energie rinnovabili che, se non ben gestite, toglierebbero terreno fertile all'agricoltura, favorendo le speculazioni che deturpano
in modo indelebile l'ambiente.
Insomma, è vero che le energie rinnovabili di origine agricola possono dare un contributo al problema energetico del Paese ma deve essere rispettato il primato della produzione del cibo nella gerarchia delle priorità. E, a ben vedere, sta proprio qui la difficoltà maggiore della diffusione dell'uso di fonti alternative di energia: conciliare la produzione di energia con quella alimentare, privilegiando la prospettiva a lungo termine e non solamente quella economica a breve.