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Dall'eccidio alla felce: il “lavoro” della pace

Paolo Massobrio mercoledì 10 luglio 2019
Domani, 11 luglio, è la data di un anniversario triste: l'eccidio di Srebrenica, in Bosnia. Era il 1995 quando le truppe serbo-bosniache radunarono più di 8.000 maschi dai 12 anni in su e li uccisero, dentro una squallida fabbrica, con lo scandalo di una postazione militare dell'ONU in capo alle forze olandesi che non fecero pressoché nulla. Non mi avrebbe scosso questa faccenda di guerra etnica contemporanea se non avessi conosciuto Gianni Rigoni Stern, agronomo, laureato in Scienze Forestali, figlio del grande scrittore
Mario, che 11 anni fa, trovandosi in quei paesi che facevano fatica a riprendere vita, decise di offrire il suo tempo e le sue conoscenze per ricostruire il sistema agropastorale di quegli altipiani che tanto gli ricordavano la sua Asiago. Quando arrivò, Gianni fu sorpreso dalla generosità pelosa che fece arrivare svariati capi di vacche di razza frisona, da regalare ai superstiti. Peccato che quegli animali non fossero adatti agli altipiani, ancora più con i pascoli invasi da una pianta velenosa: la felce aquilina. Tutti morti.
"Ti ho sconfitto felce aquilina" è il titolo di un libro (edizioni Comunica) che Gianni ha accettato di scrivere, per raccontare cosa significa il "lavoro" della pace. Che parte proprio, come è sempre stato nella storia, dal fiorire dell'agricoltura. Lui ha fatto più o meno 60 viaggi da Asiago a Suceska, iniziando con le cattedre di agricoltura, per insegnare a debellare la felce aquilina, ma anche a costruire le stalle. Ha portato dei capi resistenti di razza Rendena, che gli ha donato la Provincia Autonoma di Trento e, passo dopo passo, è riuscito a far rifiorire una microeconomia, che proprio un anno fa sono andato a vedere coi miei occhi. Gianni ha accettato di scrivere questo libro perché non bisogna dimenticare: il rischio di una violenza senza ragioni è sempre possibile e la ricostruzione di una civiltà è un'opera silenziosa degli uomini di buona volontà. Ora c'è bisogno di un caseificio, perché il latte rischia d'essere sprecato, mentre quella popolazione ha bisogno di indirizzare in maniera positiva le proprie tradizioni e conoscenze. In questo periodo gli alberi di prugne sono carichi di frutti e in casa fanno la Rakia, che è il liquore locale. L'ho raccontato a Carlo Quaglia, un distillatore illuminato di Castelnuovo don Bosco e subito mi ha fatto presente le criticità di quella produzione artigianale... Gli ho lasciato il libro di Gianni, ed ho pensato che è come il vaso di san Patrizio dove ognuno può dare del suo: in conoscenza, iniziativa o semplice commozione. Gianni lo ha fatto mettendosi sui sentieri della Transumanza della pace; ognuno di noi può percorrere la medesima strada, per capire, prendendo in prestito una suggestione del Meeting di Rimini, dove domenica 18 agosto alle 19 Gianni Rigon Stern presenterà il suo libro, quanto siamo tutti sotto uno stesso cielo.