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Dal latte al vino, è allerta per i dazi

Andrea Zaghi domenica 16 marzo 2025
Con il fiato sospeso. In attesa di quanto si deciderà a Washington da una parte e a Bruxelles dall’altra, ma anche a Pechino dall’altra ancora. Perché davvero l’interrogativo di queste settimane è uno solo: quanto pesante e lunga sarà la guerra commerciale che gli Usa hanno ormai scatenato in tutto il mondo. Guerra di minacce da un lato, ma anche di decisioni già prese dall’altro. Con produttori e consumatori presi in mezzo. E con l’agroalimentare nostrano che si trova ad essere una delle poste più preziose in gioco. Le cronache di settore di questi giorni forniscono più di un esempio per capire meglio. Assolatte – l’associazione che riunisce le industrie italiane della trasformazione lattiera – ha fatto i conti ed ha parlato a proposito delle vendite all’estero di formaggi di una «crescita impetuosa, a due cifre (+10,7%), che fa aumentare di ulteriori 457 milioni di euro il fatturato realizzato all’estero dalle nostre imprese». Presi dall’entusiasmo, gli industriali del settore vanno oltre e spiegano come negli ultimi 16 anni vi sia stata «una corsa al galoppo che rende questa performance straordinaria e al tempo stesso ordinaria: straordinaria, per l’entità dell’aumento e ordinaria perché conferma ancora una volta che l’export è oramai componente strutturale dei fatturati del sistema latte nazionale». Già, l’export. Che adesso si scontra con Donald Trump ma anche con XI Jinping. Perché sia gli Usa che la Cina stanno seriamente valutando di imporre dazi anche sui nostri migliori prodotti lattiero-caseari. Così, il “galoppo” degli industriali, per loro stessa ammissione, rischia di fermarsi davanti alla “spada di Damocle” che i due Stati stanno già brandendo e che se fosse usata con decisione potrebbe mandare in pezzi il lavoro fatto, appunto, in oltre cinque lustri. Quanto sta accadendo minaccia comunque un po’ tutti. Basti pensare alla vitivinicoltura oramai in fibrillazione per l’ipotesi di dazi del 200%, ma anche un altro comparto chiave del made in Italy, quello della pasta e della cerealicoltura. A lanciare l’allarme questa volta è la Coldiretti che spiega come da luglio a dicembre 2024 gli arrivi di grano canadese in Italia siano già aumentati a dismisura mentre i prezzi pagati agli agricoltori sono crollati nonostante un’annata che ha visto un calo del 20% del raccolto e mentre diminuiscono le scorte nella Ue. Dal Canada, stando ad un’analisi condotta dai coltivatori, sono infatti arrivate 392mila tonnellate di grano duro (+68% rispetto allo stesso periodo della campagna 2023/2024) e le stime per l’inizio del 2025 indicano un ulteriore aumento. Il problema però adesso raddoppia. Ancora i coltivatori, infatti, spiegano che la «situazione rischia di peggiorare a causa dei dazi». La guerra commerciale tra Usa e Canada potrebbe far calare gli acquisti di cereali canadesi negli States e spingere i produttori a cercare di vendere di più in Europa, con tutte le conseguenze del caso. Ancora una volta, così, l’agricoltura e l’agroalimentare si ritrovano al centro delle dispute economiche internazionali. E non è una bella situazione, per nessuno. © riproduzione riservata