Leggo Lavori di scavo. Saggi sulla letteratura 2000-2005 (Einaudi) di J.M.Coetzee, il romanziere sudafricano, oggi residente in Australia, premio Nobel per la letteratura nel 2003, e mi confermo in un'idea che avevo da tempo: la saggistica critica degli scrittori andrebbe fatta leggere nelle università molto più di quanto avvenga. Le ragioni per cui non avviene non sono chiare, o sono invece facilmente immaginabili, ma sta di fatto che i professori di letteratura non amano le incursioni di poeti e narratori nel territorio della critica. Preferiscono testi confezionati in vista dell'uso scolastico. Li trovano più rassicuranti. Non disprezzo, anzi apprezzo la manualistica (se onesta e chiara) e posseggo una discreta collezione di storie letterarie e di ottime antologie. Ma credo anche che quando uno scrittore parla di letteratura e di altri scrittori riesce a trasmettere qualcosa di più e di diverso, qualcosa di cui avrebbero certamente bisogno sia gli insegnanti che gli studenti. I poeti di solito fanno capire come nessuno gli aspetti artigianali e tecnici dello scrivere, i narratori ci mostrano gli autori come personaggi in un ambiente.
La curatrice del libro di Coetzee, Paola Splendore, descrive bene in una nota finale in che cosa consistono i pregi di questi saggi. Coetzee ci fa entrare anzitutto nelle biografie degli autori, non si perde in superflue disquisizioni teoriche, racconta diligentemente e magistralmente la trama dei romanzi, cerca di far capire luoghi e momenti in cui nasce un'opera. Gli autori che sceglie sono tali da fornire al lettore un quadro essenziale ma anche molto vario della letteratura dell'ultimo secolo: si va da Svevo, Musil, Joseph Roth, Faulkner, Graham Greene, Beckett, fino a García Márquez, Saul Bellow, Philip Roth, Celan, Sebald, Gordimer, Naipaul. Lo stile di Coetzee è come sempre sobrio, concreto, laconico. Ogni saggio è un racconto e un ritratto. Non c'è modo migliore per cominciare a capire davvero «che cos'è la letteratura».