L' albero di pino ed il salice piangente. Uno si spezza, l' altro si piega. Le nostre giornate sono come un grande gioco dell' oca, dove si passa da una casella all' altra. Si tira i dadi e vediamo cosa tocca. La telefonata inaspettata, una soddisfazione di lavoro o la lavanderia chiusa per turno. Una passeggiata davanti ad un specchio d' acqua che lenisce un dolore profondo, arrivato nella mente come una bollicina partita dal basso della nostra anima. Spesso facciamo come il salice piangente e non ce ne accorgiamo: curviamo fino ad assumere una postura che, se fosse solo fisica e non mentale, farebbe ridere chiunque. Curviamo ed accogliamo lo spazio che serve ad un problema per la sua soluzione, anche quando soluzione non c' è. Curviamo perché l' alternativa è spezzarsi, che spesso vuol dire rompere qualcosa. Capita di spezzarsi? Capita e serve. Niente è definitivo e nulla va salvato per forza. Di certo la nostra capacità di essere resilienti è simile a quella del salice piangente. Che, poi, tutto questo piegarsi è spesso visibile solo a noi. Faticoso farlo vedere agli altri, immaginare che si possa raccontare come fosse "tutto il calcio minuto per minuto". E allora si inizia ogni giornata tirando i dati: a volte arriva la casella ponte dove puoi ripetere il tiro, altre quella locanda dove devi stare fermo tre turni. Spesso finisce la voglia di piegarsi, la volontà di inseguire qualcosa che forse non arriverà mai. Capita a tutti. Far fronte ad un evento stressante non è sempre facile, ci sono momenti della vita in cui siamo albero di pino e altri in cui siamo salici piangenti. Il pino, quando cade la neve, l'ammucchia sui robusti rami finché, al suo limite di sopportazione, vengono spezzati dal peso della neve. Il salice piangente, invece, sotto il peso della neve che si ammucchia si piega, e si piega; il suo tronco è quasi parallelo al terreno ed è proprio in quel momento che riesce a scrollarsi di dosso tutta la neve accumulata tornando alla posizione iniziale, libero ed integro.