Csm e mediaIn difesa di moderazione ed equilibrio (non dell'equilibrismo)
Il lavoro preparatorio sin qui condotto conferma quanto, da qualche anno, viene sottolineato in sede internazionale circa la necessità che i giudici diano «prova di moderazione nei confronti dei media»: così si esprime il § 19 della Raccomandazione 17 novembre 2010 del Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa, rivolta ai 47 Stati membri, nella quale si incoraggiava altresì «la creazione di posti di portavoce giudiziario o di servizi stampa e comunicazione sotto la responsabilità dei tribunali o sotto il controllo dei Consigli superiori della magistratura o di altre autorità indipendenti».
A conferma altresì della unitarietà della cultura della giurisdizione nel nostro Paese, le linee guida sono rivolte sia agli uffici requirenti, sia a quelli giudicanti, naturalmente tenendo conto delle specificità di ciascuna funzione: ad esempio, è soprattutto con riferimento agli uffici del pm che viene sottolineata la necessità che dichiarazioni ed eventuali interviste vadano rilasciate con equilibrio e misura. Le linee guida non nascono da una volontà di porre limitazioni alla professione giornalistica e tantomeno di restringere lo spazio della libertà di informazione e del diritto alla medesima, ma, al contrario, sono funzionali alla fruizione effettiva di questi ultimi: nel tempo della comunicazione fai-da-te, mettere ordine nelle procedure, nei contenuti e nelle modalità della comunicazione istituzionale degli uffici giudiziari costituisce un servizio agli utenti del sistema giustizia e ai cittadini tutti. Non a caso si parla di comunicazione "istituzionale". Accanto al significato consueto di "fatta in nome e per conto dell'ufficio", l'attributo allude a una misura, a un tono, appunto a una moderazione; un equilibrio che non significa equilibrismo, così come, più in generale, il senso dell'istituzione non va confuso con l'attaccamento ostinato alla propria fazione politica o corporazione professionale.